I GIOVANI ANTI-VIRUS
Cara Greta, se ci sei davvero, nell’animo dei nostri ragazzi, batti un colpo. La speranza è che rispondano all’appello. È stato facile andare in piazza a cantare e ballare pro ambiente. Adesso è venuto il momento di fare sul serio. Di dimostrare che hanno torto i teorici del «ci sono solo quando possono buttarla in baldoria». Ecco la grande opportunità, utopia possibile: i giovani danno lezione agli adulti. Per correggere gli esempi d’irrazionalità generati dal mondo dei capelli grigi, dove tanti hanno calpestato il buon senso, non capendo che l’unico vaccino, in assenza di quello vero, si chiama responsabilità individuale. Disertori in fuga dalla zona rossa. Sparatori di post fasulli, micidiali più dei proiettili di mitragliatrice. Opinionisti in disservizio permanente effettivo. Ribelli sempre ad ogni raccomandazione. Malandrini pronti alla borsa nera sul disinfettante. Sbadati organizzatori: da un lato raccomandano il droplet, quel metro di distanza salva salute, e dall’altro generano code appiccicate agli sportelli. Malati che generano altri malati correndo al pronto soccorso. Visto che dentro la dolente cronaca di quest’inverno del nostro scontento, c’è un ancora più vasto campionario di adulti asociali, la salvezza potrebbe arrivare da un nuovo movimento: i «Giovani anti virus».
Tante volte ripetiamo che i figli sono il nostro futuro. Ora hanno la straordinaria occasione di dimostrare che fanno mobilitazioni non sono per folclore. Che hanno capito perfino cose che i genitori non gli hanno saputo spiegare. C’è una premessa indispensabile: la chiusura delle scuole non è una vacanza fuori calendario. Tantomeno un regalo del destino. Il primo stop poteva essere preso come una festa. Il secondo è una spia rossa, segnala festa finita. Qui comincia un inatteso test di maturità civile: sai che il rischio contagio c’è dentro le aule, ma ancora di più fuori? Dal primo ti difende lo Stato, dal secondo devi farti scudo da solo. Arriviamo così alla scommessa più intrigante, nella quale puntare tutto sulla capacità dei millenial di diventare esempio di buone pratiche. Una speranza eccessiva? No, se hanno ricevuto la semina da buoni maestri: a scuola e a casa. No, se tra gli studenti chi sta più avanti mette in rete le sue consapevolezze a favore dei compagni. Per niente esagerata, se riusciranno a trasfondere nella società le loro potenti energie vitali. Il consenso giovanile attorno a Greta non deve esaurirsi in una sbornia di entusiasmo. Difendere l’ambiente, in questo momento, significa soprattutto saper difendere se stessi e il prossimo dal contagio. Quindi il tempo senza scuola deve diventare un tempo con più scuola, ma di vita. Si sta lontano dalle aule ma non ci s’infila in discoteca, basta e avanza che purtroppo lo facciano dei giovanotti ormai fuori quota anagrafica. Non ci si lava le mani soltanto perché mamma brontola ed è così bello stupirla con la migliore tecnica sotto il rubinetto. Ci si possono addirittura permettere gratificanti rivincite, spiegando agli insegnanti i trucchi delle piattaforme chat, quando quello di lettere sa tutto di Leopardi però combina zibaldoni con la tastiera e la prof di matematica se la sbriga benissimo con Pitagora ma ignora Hangouts. Forza ragazzi, potenziali maestri di futuro. Se riuscirete a imporre le buone pratiche agli adulti allergici ai decreti, sarà la conferma che non tutto il male viene per nuocere.