I due tredicenni e la loro app per fare lezione stando a casa
Un’aula virtuale per «non restare indietro col programma, visto che quest’anno abbiamo gli esami» e per «adattarci alla situazione attuale senza farci schiacciare dal virus».
L’idea è di Francesco e Pietro, inseparabili compagni di classe alla scuola media «Guinzelli-Carracci». Loro sono quelli davvero smart, altro che smart school. «Io mi sono occupato della parta grafica» dice il primo. «Io di quella informatica», aggiunge l’altro. Apportando alcune modifiche a un app chiamata «Discord», utilizzata solitamente dagli adolescenti per comunicare online mentre si gioca ai videogames, Francesco e Pietro sono infatti riusciti a sviluppare un sistema alternativo per affrontare questo periodo di scuole chiuse, causa Coronavirus, coinvolgendo docenti e tutti i loro compagni della 3H. «Anche se qualcuno non era proprio contento di rimettersi a studiare» sottolineano ironicamente i due amici.
«Hanno fatto tutto di loro iniziativa: sabato mi hanno contattata, mi hanno spiegato come funziona la piattaforma e lunedì abbiamo cominciato con le lezioni», spiega invece Valeria Mannelli, professoressa di italiano e storia che ogni giorno, dalle 9.30 alle 11.30, riesce così ad andare avanti con il programma comunicando da casa coi suoi studenti. «Loro ascoltano la mia voce e io la loro — continua —. Poi posso inserire dei contenuti testuali per approfondimenti o dei video per il ripasso, facciamo gli esercizi insieme e se qualcuno non ha ben chiaro qualcosa può intervenire tranquillamente, ovviamente uno alla volta».
Dopo storia e italiano, fino alle 13 segue la docente di matematica, Daniela Paradiso. «Noi avevamo dato comunque dei compiti da fare a casa — aggiunge Mannelli —, non conoscevamo questa applicazione usata già dai ragazzi». «Ma ci hanno messo poco per capire come funziona» assicurano i due amici tredicenni, alle prese, adesso, con uno degli ultimi compiti assegnati dalla docente di italiano: «Un’intervista impossibile a Primo Levi da consegnare per email entro venerdì». «Noi faremo un video — assicura Pietro —. Io sono anche appassionato di teatro, così farò l’intervistato e l’intervistatore, mentre Francesco si occuperà delle riprese e del montaggio. Insieme ci completiamo».
«Queste due settimane senza scuola avrebbero potuto pesare molto sul programma — riprende a ragionare la professoressa —: tramite il registro elettronico possiamo inviare contenuti audio e video per i compiti, ma poi ogni docente si è organizzato per facilitare la propria didattica in vario modo, anche tramite lezioni su Youtube. Così però non c’è interazione con i ragazzi, mentre con il sistema messo a punto da Francesco e Pietro sì. La dirigente scolastica è molto contenta di questa iniziativa — continua — e so che anche una seconda si sta attrezzando per fare la stessa cosa. Mi sta piacendo davvero tanto quello che stiamo facendo, anche se mi manca moltissimo non poter andare in classe. Mi mancano i ragazzi, mi manca guardagli negli occhi e anche sentirli lamentare. E so che per loro è lo stesso: due settimane senza scuola rappresenta un vuoto enorme per la quotidianità dei ragazzi».
«Ci manca più che altro l’ambiente condiviso con gli altri — concludono i due ragazzi — dopo un po’ stare sempre da soli non è così bello».