Ora hanno paura i cinesi, si fermano e tornano a casa
Ferie forzate per ristoranti e negozi cinesi Yu (Confesercenti): «Molti chiudono per salvaguardare la sicurezza di tutti»
Luci spente, serrande abbassate, casse vuote. Questa settimana molte attività commerciali gestite da asiatici hanno chiuso al pubblico. Per diversi giorni. E non si tratta solo di ristoranti, ma anche di parrucchieri, estetisti, mercerie, lavasecco, fino a negozi di articoli per la casa. Per le vie di Bologna è un susseguirsi di saracinesche abbassate con scritto «Chiusi per ferie» e cartelli che recitano «Vista la situazione attuale abbiamo deciso di chiudere per motivi di sicurezza».
Dietro alla sospensione di queste attività in realtà ci sono diverse motivazioni: da un lato la diminuzione vertiginosa della clientela quindi il calo degli incassi, dall’altro l’esigenza di rispettare le nuove misure di sicurezza previste dal Governo a cui si è aggiunto di recente anche una diminuzione di organico in molti locali.
«Mi risulta che abbiano chiuso il 60% circa di ristoranti asiatici e ci sono diverse ragioni dietro a questa scelta — racconta Stefano Yu, rappresentante dei ristoratori cinesi aderenti alla Confesercenti —. Alcuni hanno chiuso per ferie perché molti dei loro dipendenti sono tornati in Cina, sotto consiglio dei loro familiari che vivono là e che conoscono bene gli effetti del virus. L’impressione generale che hanno avuto i parenti di questi dipendenti, tenendo conto anche di quelle che sono le informazioni che circolano, è che l’Italia stia un po’ sottovalutando la situazione, per esempio perché non è stato imposto ancora l’uso delle mascherine».
Ne sono consapevoli al ristorante asiatico Singapore di via Marsala che, nonostante sia rimasto aperto con la sala piena di clienti, confessa di far fatica a gestire i turni per carenza di personale, dovuta al fatto che alcuni dipendenti hanno chiesto di restare a casa per paura del contagio.
«C’è poi un altro elemento di cui tenere conto — aggiunge Stefano Yu —. Alcuni ristoranti hanno chiuso per motivi di sicurezza, la normativa italiana parla di mantenere un metro di distanza ed è difficile da attuare questa regola quindi per salvaguardare dipendenti e clienti hanno preferito sospendere l’attività».
Al «99 cent shop» di via dei Giudei dicono che per i negozi è più semplice attenersi alle regole ministeriali di prevenzione, mentre per i due ristoratori accanto a loro, che hanno chiuso di recente, è stata più difficile da gestire la situazione.
I ristoranti però non sono gli unici. Passeggiando tra via Riva Reno, via Lame e le strade della Bolognina si nota come abbiano sospeso le attività anche molti centri estetici e parrucchieri. Resistono praticamente solo i trova-tutto, i mini market e qualche bar. «Siamo aperti perché ce lo hanno chiesto i clienti — dicono in un negozio di alimentari in Bolognina —. Per ora abbiamo ridotto l’orario di chiusura alle cinque e mezza invece che alle otto, ma stiamo valutando se chiudere o meno. Abbiamo venduto poco in questi giorni e i costi di luce e riscaldamento superano l’incasso: non conviene tenere aperto. A ciò si aggiunge che i prodotti ci arrivano dalla Lombardia e non sappiamo se riusciranno a rifornirci in tempi brevi. Alcuni dei nostri clienti poi ci dicono di aver paura, dopo le notizie sulle aggressioni ai danni dei cinesi».