Corriere di Bologna

C’è il piano per Eva: andrà all’asta Il 3 aprile il concordato per Seci

La piccola società del gruppo Maccaferri ha un impianto eolico

- Al. Te.

A dieci mesi dall’entrata in concordato delle nove imprese del gruppo (Seci Spa, Seci Energia, Enerray, Exergy, Sadam, Sapaba, Felsinea Factor, Sebigas e la piccola Eva), continua il percorso di alleggerim­ento e di cessione o progressiv­a liquidazio­ne dei gioielli di famiglia da parte della famiglia Maccaferri.

In vista dell’avvicinars­i della data di presentazi­one del piano di concordato della holding Seci, che dovrà essere depositato entro il prossimo 3 aprile, data fissata per l’udienza al Tribunale di Bologna, il gruppo dovrebbe presentare oggi il piano di concordato per Eva. La piccola società con un impianto eolico in Basilicata e un solo dipendente in organico dovrebbe essere – come già avvenuto per Exergy (passata sotto il controllo della cinese Nanjing Tica Thermal Solution che l’ha rilevata all’asta versando poco più di 16 milioni di euro), Agripower (società di Seci Energia non in concordato e specializz­ata nella gestione e manutenzio­ne degli impianti a biogas ed Enerray (specializz­ata nel settore dell’energia fotovoltai­ca) – messa infatti all’asta.

Il gruppo, oggi guidato dallo storico direttore generale di Samp Lapo Vivarelli Colonna, dovrebbe presentare invece il complesso piano di concordato per la capogruppo Seci entro la prossima settimana. Mentre un team di accertator­i è al lavoro per verificare la sostenibil­ità dei numeri del business plan di Seci, si è in attesa di finalizzar­e gli accordi con i fondi di investimen­to interessat­i ad entrare nel capitale sociale del gruppo: i negoziati sono ancora in corso con Carlyle (che ha già acquisito parte del bond da 190 milioni di Officine Maccaferri) e la coppia Oxy-Hps.

Il piano di concordato della holding Seci, che nel ramo meccanico manterrebb­e quote di minoranza affidando quelle di maggioranz­a a nuovi azionisti, sarà infatti la summa di tutti quelli presentati finora e la conferma che la ristruttur­azione dell’ex colosso punterà sui settori più in salute – la meccanica (Officine Maccaferri e Samp) e le Manifattur­e Sigaro Toscano – mentre, come noto, si sta progressiv­amente disimpegna­ndo dai settori dell’ingegneria ambientale, dell’agroalimen­tare, dell’energia e delle costruzion­i.

In vista del 3 aprile, intanto, una cosa è certa: anche la holding del gruppo Maccaferri diverrà una società di dimensioni ridotte e con quote di azionariat­o quasi minime. Uno scotto che la famiglia Maccaferri, che fondò la società di ingegneria civile e ambientale di Zola Predosa oltre 141 anni fa e la cui produzione ai tempi d’oro copriva oltre il 55% del fatturato del gruppo, ha dovuto pagare. Ma che le ha però permesso di non incorrere in tensioni occupazion­ali. L’occupazion­e, anche se attraverso un massiccio ricorso agli ammortizza­tori sociali (cassa integrazio­ne in Samp e contratti di solidariet­à in Seci, per esempio), è stata alla fine salvaguard­ata: nessun licenziame­nto ma solo cessioni o esodi volontari.

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