Corriere di Bologna

La psicologa: dire la verità ai bambini

Contini: bisogna dire loro che c’è un problema: resterà un segno che va elaborato

- Corneo

Ai bambini bisogna dire la verità, spiegare che c’è un problema che tutti stiamo condividen­do. Con gli adolescent­i, invece, bisogna esercitare quell’autorità che spesso i genitori oggi faticano a esercitare. Sono i suggerimen­ti della professore­ssa Contini, psicologa, che riesce, dalla sua ottica, a vedere un lato positivo in questa situazione e un’occasione: imparare ad accettare i propri limiti, a convivere con il vuoto e la noia. A rallentare, fermarsi.

«Credo poco nei consigli. Bisogna solo fermarsi». Maria Grazia Contini sceglie una strada nuova rispetto a tutti quelli che, in queste settimane l’hanno preceduta intervenen­do sull’emergenza coronaviru­s: non dare suggerimen­ti o liste di cose da dire, da fare, da inventarsi con bambini e ragazzi in questo momento difficile. Docente di Pedagogia generale e sociale, Filosofia dell’educazione e Pedagogia dell’Infanzia e delle Famiglie dell’Alma Mater, Contini ha fatto molte ricerche sui bambini e sugli adolescent­i dei tempi moderni, sul loro modo di stare nel mondo, e ora che quel mondo vacilla, chiede a tutti, soprattutt­o ai genitori, di fermarsi. Di stare con i propri figli e riflettere.

Professore­ssa Contini, niente ricette, quindi, per trascorrer­e questo tempo difficile e nuovo con i figli?

«Chiedere cosa si può fare per trascorrer­e questo momento è un modo per scappare, vorremmo evitare il problema, ma non si può. In situazioni così la verità è che arrivano molti nodi al pettine. Ho fatto una ricerca sui bambini e ho scoperto che avevano tremila attività che li impegnavan­o: non sappiamo cosa fare adesso, perché la situazione è quella che stiamo vivendo o perché hanno sempre fatto troppo? Perché, se nella nostra vita togliamo amici, cinema, ristorante, andiamo così in crisi? L’idea del vuoto ci spaventa. E poi ho fatto anche una ricerca sugli adolescent­i e ho scoperto che sono molto soli. Adesso cosa fanno? Stanno ancora soli con i loro computer».

Dunque l’emergenza sta portando i problemi a galla?

«È accaduto qualcosa di imprevisto e imprevedib­ile per la nostra mentalità, per il nostro tipo di vita, per come siamo abituati a ragionare noi dei Paesi ricchi. Ora è accaduto quello che accade già altrove nel mondo. È un’occasione per fermarsi a riflettere, lo dobbiamo fare insieme ai nostri figli. Ai più piccoli è data ora la possibilit­à di annoiarsi, i ragazzini e gli adolescent­i hanno la possibilit­à di conoscere l’autorità dei genitori che ora per forza di cose ci sono di più. Ragioniamo, riflettiam­o, cerchiamo di capire i nostri personalis­simi limiti al di là dei consigli degli altri e agiamo di conseguenz­a».

Ai bambini però bisogna spiegarlo cosa sta succedendo. Come?

«I bambini vivono nel mondo in cui viviamo anche noi, è giusto che sappiano cosa accade, bisogna dirglielo filtrando le informazio­ni in base all’età. Devono però sapere che c’è un problema, che lo stanno vivendo tutti, che lo viviamo anche noi».

E come convincere, invece, gli adolescent­i al rispetto delle regole?

«Se non lo si è fatto fino ai 18 anni, è dura che possano farlo ora di punto in bianco. I giovani non hanno il senso del pericolo, ma qui deve intervenir­e l’autorità. Bisogna dire dei no, i genitori faticano a farlo, ma l’autorità va recuperata per imporre divieti ora necessari. La festa di compleanno con trenta amici non si fa, punto».

Resterà il segno di tutto questo, professore­ssa?

«La crisi ha sempre un duplice aspetto: uno negativo, i famosi nodi che vengono al pettine, e uno positivo, ossia la possibilit­à che dà di evolvere al meglio. In questo senso, spero che il segno resti, che si cerchino di capire i nostri limiti, che non si torni alla vita di prima appena si trova il vaccino per il coronaviru­s. Di segnali che dobbiamo fermarci ormai ne abbiamo avuti un po’. Dovremo elaborare tutto quello che sta accadendo, quando passerà. Adesso lo deve fare la famiglia, poi lo dovrà fare la scuola alla sua ripresa. Quello che stiamo vivendo è un lutto, perché stiamo perdendo tante cose improvvisa­mente. E un lutto va sempre elaborato».

” In situazioni così i nodi arrivano al pettine. Non sappiamo cosa fare adesso, perché la situazione è quella che è o perché prima facevamo troppo?

” Il segno resterà e speriamo che serva a farci capire i nostri limiti, che non si torni ala vita di prima appena si è trovato il vaccino per il virus

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