Parmigiano non stop «Pronti a richiamare anche i pensionati»
Il rigoroso rituale per la produzione del Parmigiano Reggiano può essere incrinato solo per un dettaglio, e solo in caso di emergenza, «quando — precisa Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del prezioso formaggio — un’azienda sia costretta a interrompersi a causa di una quarantena causa contagio da coronavirus». Per il resto, è già attivata una rete di solidarietà tra caseifici con la possibilità di richiamare mastri casari o mungitori in pensione. Perché, «finché le merci possono viaggiare e i negozi sono riforniti, il Parmigiano non si ferma». E nel 2109 sono andate sul mercato quasi 3,8 milioni di forme per un valore al consumo di 2,5 miliardi.
Bertinelli, riuscite a garantire gli stessi volumi di produzione?
«La filiera è fatta di 2860 aziende agricole, 335 caseifici e 3100 imprese e non possiamo non mungere le vacche, anche in caso di difficoltà del comparto».
E congelare il latte mantenendolo per temi migliori?
«Non è possibile: il nostro latte, che va prelevato solo da allevamenti selezionati del territorio (ci sono 265 mila bovine ndr), possiede una flora microbica caratteristica che non può essere refrigerata, deve essere trasformato subito per non perdere le sue qualità, i profumi e la tipicità».
Siete preoccupati?
«Cè la preoccupazione di tutti, ma non certo sui prodotti. Il virus per propagarsi ha bisogno del corpo umano e da questo punto di vista prendiamo tutte le precauzioni del caso: negli allevamenti gli assembramenti non sono facili, poi facciamo attività di formazione e comunque in genere si tratta di piccole aziende con poche persone, che per legge dello Stato possono spostarsi solo per lavoro. Il virus, questo è importante, non è né sui prodotti, né sugli utensili».
Però se qualcuno resta contagiato?
«Va messo in quarantena il personale del caseificio, un luogo dove avviene la raccolta del latte, la complessa trasformazione e la cura delle forme».
Quindi la mole di lavoro non può cessare, giusto?
«In questo caso chiediamo come prima cosa una deroga al disciplinare di produzione alla Commissione europea e al ministero alla Politiche agricole: lo consente la legge sulle Dop in caso di emergenza sanitaria. Come quella in corso».
In cosa consiste?
«Di poter lavorare il latte e attivare la doppia cottura non solo al mattino come recita il disciplinare, ma anche nel corso della giornata. In modo che i lavoratori che hanno concluso le operazioni del mattino possano recarsi in un’altra azienda a fare la stessa cosa al pomeriggio».
Una bella rete di solidarietà...
«Ma non è solo questo. Abbiamo già creato un database di persone disposte a spostarsi in caso di necessità. Abbiamo coinvolto anche i pensionati del mondo del Parmigiano. In questo mestiere non ci si può improvvisare, c’è bisogno di persone esperte. In caso di mancanza di personale, inoltre, se un caseificio ha gi addetti tutti in quarantena può spalmare il suo latte a caseifici che hanno le caldaie di lavorazione vuote».
E se proprio non si trovano caldaie disponibili?
«Abbiamo già accordi con industrie lattiero-casearie italiane come Parmalat, Granarolo,
Virgilio ad acquistare il nostro latte in avanzo per realizzare altri prodotti. Così, almeno non va buttato».
Avete registrato flessioni nelle vendite, soprattutto all’estero?
«Per ora no. Contiamo sul fatto che i consumatori apprezzino la qualità. Però chiediamo con forza all’Italia e all’Europa di fare tutto quanto in loro potere per non permettere politiche scorrette contro il Made in Italy. È una pratica molto sleale, quella di strumentalizzare il momento di allerta per grattare quote di mercato. Bisogna quanto meno chiarire che il virus non viaggia sui prodotti. Poi c’è qualcosa che vogliamo comunicare al consumatore italiano».
Prego.
«Fate turismo nel nostro Paese, restate qui, negli alberghi, nei ristoranti. Aiutiamoci tutti insieme a ripartire. Quando sarà possibile, ovviamente. Intanto consumate prodotti italiani, che sono anche i migliori».