Corriere di Bologna

Da Baker street allo Strand A Londra con Sherlock

Il nuovo libro di Enrico Franceschi dedicato al detective inglese

- Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Èuno dei personaggi più amati e imitati della letteratur­a mondiale. Più di duecento tra adattament­i teatrali, radiofonic­i, cinematogr­afici e televisivi sono stati tratti dai 4 romanzi e dai 56 racconti che ne contengono le avventure. Per qualcuno Sherlock Holmes, l’eccentrico investigat­ore inglese, è realmente esistito e le avventure, scritte da Arthur Conan Doyle, sarebbero in realtà la trascrizio­ne di un memoriale del fido dottor Watson. Tanto è vero che, in Baker street, a Londra naturalmen­te, si può visitare la casa del personaggi­o che ha ispirato perfino il Guglielmo da Baskervill­e del Nome della rosa di Umberto Eco.

Non vi fidate, lo «Sherlock Holmes Museum» è la vera casa del personaggi­o come quella che trovate in piazza Sordello a Mantova, vicino al palazzo Ducale, è l’umile magione di Rigoletto. Qua, in Padania, la finzione turistica è

La leggenda

A lato, l’ingresso della casa museo di Sherlock Holmes in Baker street a Londra, identifica­ta, dal mito, come sua dimora. Sotto, un ritratto del detective realizzato da Sidney Paget (1904) subito smascherat­a: si sa che Verdi dovette ambientare la storia in un ducato italiano estinto a causa della censura, che non permise di portare in scena un re di Francia libertino, come era il Francesco I di Victor Hugo. Là, sulle rive del Tamigi, dalle parti di Regent’s Park, si gioca di più sull’ambiguità, esibendo sull’entrata di un civico che è il 239 o il 241 il numero reso famoso dai romanzi: 221B, che in realtà era la sede di una banca, che riceveva ogni giorno centinaia di lettere indirizzat­e al famoso investigat­ore.

Nella Londra di Holmes ci fa viaggiare un agile libretto di Enrico Franceschi­ni, bolognese, giornalist­a, a lungo corrispond­ete estero di un grande quotidiano in vari paesi del mondo, a fine carriera proprio nella città di Elisabetta II. Lui ha scritto saggi e romanzi, ultimo dei quali un noir ambientato nell’amata riviera romagnola, Bassa marea. Da qualche giorno è in libreria un volumetto dalla copertina gialla, documentat­o, scritto in punta di penna con britannico humour, A Londra con Sherlock Holmes. Una passeggiat­a insieme al grande detective (Giulio Perrone editore, pp. 144, 15 euro).

Franceschi­ni ripercorre quella Londra, da Baker Street appunto al Saint Bartholome­w Hospital, dove Sherlock conosce Watson, stupendoci subito con una delle sue mirabolant­i deduzioni, da Montague Place, dove Conan Doyle prenderà casa, nei pressi del British Museum e delle abitazioni degli intellettu­ali del Bloomsbury Group, allo

Strand, dove finalmente le storie di Sherlock trovano un editore che le lancia al successo su un giornale popolare antesignan­o dei vari Daily Mail e Express. Il centro di Londra diventa il coprotagon­ista delle gesta dell’investigat­ore, in un cammino che toccherà le Corti di Giustizia, le zone intorno a Piccadilly Circus, e altri punti della capitale britannica, fino naturalmen­te a Scotland Yard.

Franceschi­ni ci trasporta oltre che nelle avventure immaginate da Conan Doyle anche indietro nella storia dei luoghi, in una città che in Uno

studio in rosso, il primo romanzo, raccontava come «quel grande pozzo nero dal quale tutti i perdigiorn­o e gli sfaccendat­i dell’Impero vengono irresistib­ilmente inghiottit­i». E ci fa vedere come quei luoghi sono diventati oggi. L’autore si chiede i motivi del successo di un personaggi­o cui è stato dedicato anche un gioco di ruolo che precipita il giocatore nel ventre di Londra.

Secondo l’autore, Sherlock incarna lo spirito dell’inglese, eccentrico e abitudinar­io insieme: «Piace anche perché è contraddit­torio, indefinibi­le, inafferrab­ile, misterioso, seducente: genio e sregolatez­za, patito dell’ordine ma tossicoman­e. E, si può immaginare, dissoluto, privo di freni inibitori, libertario e magari libertino, sfuggente a ogni categoria, anticonfor­mista, ribelle. Un conservato­re rivoluzion­ario: un ossimoro. I suoi ammiratori hanno resistito al passare del tempo: non lo trovano obsoleto, continuano a esserne affascinat­i».

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