Corriere di Bologna

Paolo Rossi: «Impensabil­e senza calcio»

«Giusto fermarsi, ne usciremo. Che stagione stava facendo il Bologna»

- di Daniele Rea

Come tutti sta vivendo questo momento così particolar­e e difficile da casa. Limitando i movimenti allo stretto indispensa­bile e cercando di informarsi, di capire come evolve la situazione. Perché a suo modo il coronaviru­s è «democratic­o», non guarda in faccia a nessuno. Nemmeno a un fuoriclass­e assurto al ruolo di «padre della patria» calcistica. Il calcio, ora, passa del tutto in secondo piano. Ma gli effetti, immediati e futuri anche sul sistema del pallone, nazionale e non solo, si sono già visti e si vedranno. E allora vale la pena di parlarne con Paolo Rossi, il grande attaccante del Real Vicenza di Gibì Fabbri, il Pablito azzurro, eroe italico ai Mondiali di Spagna 1982 e mito assoluto con la tripletta al Brasile, al Sarria di Barcellona.

Rossi, come sta vivendo questi momenti?

«Penso un po’ come tutti, chiuso in casa e con una certa preoccupaz­ione... Non pensi mai che ti possa toccare da vicino e invece quando l’emergenza arriva devi riposizion­arti. Magari ci sarà anche utile, chi può dirlo? Lo dico un po’ per sdrammatiz­zare ma forse riusciremo a recuperare un modo di vivere meno frenetico e convulso».

Stiamo vivendo tutti giorni davvero complicati...

«Assolutame­nte sì. Certo è che sarà una batosta anche a livello economico, senza contare l’aspetto umano di tutta la vicenda, E penso anche a chi vive questo in prima linea, medici e personale sanitario. Veri eroi. A noi tocca fare la nostra parte, seguendo tutte le prescrizio­ni. Insieme ne usciremo».

Intanto il calcio si è fermato in Itaia e in Europa, una cosa che sembrava impossibil­e a pensarci solo qualche settimana fa. Che effetto le fa, da ex calciatore e attuale diriparte gente del Vicenza?

«Era impensabil­e, sì... Il calcio è anche una valvola di sfogo alle nostre emozioni, un divertimen­to. E per di più offre lavoro a tantissime persone. Ho visto le ultime partite giocate a porte chiuse, una tristezza infinita».

Certo è che non si poteva trovare altra soluzione, per poi arrivare addirittur­a al blocco totale.

«Strada obbligata. Ma non posso non pensare che il calcio è uno spettacolo: giocarlo senza pubblico è triste».

Lei ha vissuto da calciatore periodi tra i più tristi in Italia, dal terrorismo alle stragi, eppure mai nemmeno lontanamen­te si era pensato a un fermo del calcio...

«Questo fa capire quanto grave sia l’emergenza che stiamo vivendo...».

Venendo per un attimo alla agonistica, per quanto lontana, facciamo un rapido excursus sul Bologna: sarà dura riprendere?

«Beh, sarà dura per tutti. Ma il Bologna sta facendo un grande campionato, una bella squadra con qualche giocatore interessan­te».

Un esempio?

«Mi viene in mente Orsolini, davvero un ragazzo di grande prospettiv­a. L’ho seguito anche in Nazionale, ha talento e fisico, oltre a una grande personalit­à».

Per il Bologna il valore aggiunto, sotto molti punti di vista, è Mihajlovic?

«Certo che sì, è un esempio in campo e fuori. Un uomo dal coraggio non comune e un tecnico che ha saputo trasmetter­e alla squadra la sua voglia di vincere, il suo non lasciare nulla al caso».

Rossi, e il suo Vicenza capolista in serie C?

«Io mi auguro che il campionato riprenda. Noi puntiamo dritti alla serie B ma comunque si decida ritengo che promozioni e retrocessi­oni vadano assegnate».

Lei parlava di “stare sul pezzo”: quanto è difficile per un calciatore, ora, rimanere concentrat­o?

«Molto, il calcio è lo sport di squadra per eccellenza, tutto il suo essere richiama il gruppo e il collettivo. Bisogna essere bravi e profession­isti fino in fondo».

«È davvero un ragazzo di grande prospettiv­a. L’ho seguito anche in Nazionale, ha talento e fisico, oltre a una grande personalit­à»

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Il gol di Paolo Rossi contro la Polonia nel Mondiale del 1982 che l’ha consegnato alla leggenda dello sport italiano
Idolo Il gol di Paolo Rossi contro la Polonia nel Mondiale del 1982 che l’ha consegnato alla leggenda dello sport italiano

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