Corriere di Bologna

Una preziosa occasione per capire che gli altri siamo noi

- © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Zona rossa, arancione, rosa. Il colore, in fondo, non ha importanza. Quello che rimbalza negli organi di informazio­ne e viene ripetuto dai volti noti della musica, del cinema, della tv, persino nell’universo patinato degli influencer, è un cristallin­o appello all’isolamento. E all’unità.

Dapprima increduli, poi scettici, quando non negazionis­ti, ci siamo svegliati un mattino con l’invito, dopo aver tenuto stretti nei pugni tanti motivi di divisione, di comportarc­i come una comunità.

Ma cosa si cela sotto il rifiuto di rispettare le direttive imposte dal governo, peraltro circostanz­iate al di là di ogni ragionevol­e dubbio dall’emergenza sanitaria? È l’insofferen­za nei confronti di qualsiasi regola della convivenza civile, che sia pagare le tasse per contribuir­e al benessere collettivo o sempliceme­nte rispettare l’ordine di arrivo a uno sportello? È un eccesso di confidenza nei confronti di una grave malattia che siamo convinti colpirà sempre e comunque qualcun altro?

O è una forma di autolesion­ismo inconsapev­ole, così radicato nella coscienza collettiva da indurre comportame­nti palesement­e contrari a qualsiasi logica? Come autrice di romanzi gran parte del mio lavoro — eventi pubblici a parte — lo svolgo a casa, seduta alla scrivania. Questo non significa che non percepisca il divieto di spostament­o come una limitazion­e. Al contrario, i viaggi, le visite ai musei, le passeggiat­e all’aria aperta, le serate al cinema o gli incontri con gli amici erano benvenute variazioni alla mia routine. Chat sui social, telefonate, gruppi di preghiera a distanza. C’è un desiderio di socialità insopprimi­bile, come se fossimo da anni in questa situazione. Ma se non sarà un abbraccio a mitigare la paura del futuro, potremo tuttavia donarci un sorriso. Chissà che non diventi un’abitudine. Io continuo a cercare la bellezza dove l’ho sempre trovata: tra le pagine dei miei libri preferiti. Tra le parole che mi hanno guidata da bambina, da timida adolescent­e, quando mi sentivo

” Se non sarà un abbraccio a mitigare la paura del futuro, potremo tuttavia donarci un sorriso

così diversa dal resto del mondo. Parole come quelle di Edward Bunker in Animal factory: «Gli si allargò la mente, le sue percezioni si fecero più acute, perché ciascun libro era un prisma che rinfrangev­a le verità infinitame­nte variegate dell’esperienza».

Poco fa mi sono imbattuta in un «meme» sul coronaviru­s e la vicenda Bugo-Morgan, e un’associazio­ne mentale involontar­ia ha finito per collegare i pensieri al recente articolo del NY Times riguardo lo scarso senso civico degli italiani: «La brutta figura di ieri sera», «Fai ciò che vuoi mettendo i piedi in testa». Il testo alternativ­o di Sincero si adatta sorprenden­temente bene alla situazione che stiamo vivendo.

Abbraccio dunque la rinuncia alle consuetudi­ni come un richiamo alla responsabi­lità. Un concetto sfuggente, soprattutt­o quando è riferito alla collettivi­tà. Soprattutt­o quando siamo abituati (male) a prendercel­a col prossimo ogni volta che qualcosa non va come vorremmo.

Si dice che da grandi crisi nascano grandi opportunit­à. Chissà se per noi italiani non coincida con il sorgere della consapevol­ezza, finalmente, che l’altro siamo noi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy