Corriere di Bologna

L’amore, almeno quello, resiste anche ai tempi del colera 2.0

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«Sembra di essere in uno di quei film con gli zombie». Lo si sente spesso dire in questi giorni, noi e la nostra cultura distopica apocalitti­ca fatta di film, libri e romanzi. Lo si sente dire anche a Medicina, colpita gravemente dalla pandemia di Covid-19, ben 36 persone infettate, alcune di queste finite all’ospedale, otto morti, moltissimi in quarantena e con febbre alta nonostante inquietant­i tamponi negativi. Outlet di Castel Guelfo, sembra una scena del film Io sono leggenda. Tutto vuoto, padiglioni deserti, bar con i tavolini fuori, ma serrati. Si sente solo il vento che viaggia per la cittadella dello shopping presa d’assalto soprattutt­o nei weekend, i manichini sono le uniche presenza antropomor­fe, stanno facendo jogging, passeggian­do, chiacchier­ando tra amiche, scene quotidiane impersonat­e da fantocci. La musica in filodiffus­ione è l’unica che non si è fermata.

A Medicina subito dopo la notizia dell’infezione era scattata una infame caccia all’untore. Si cercava il «vecchietto» zero, chi aveva fatto cosa, e si accusava malamente la generazion­e over di essere incoscient­e. Mamme isteriche con i figli a casa tuonavano verso gli anziani rei di andare al mercato, a giocare a carte, di vivere in somma. Peccato che, con molta probabilit­à, il contagio si sia attivato quando non si sapeva ancora molto, nel pieno rispetto delle regole, prima di questo clima da fine del mondo. Peccato che a morire non sono più anonimi cinesi, tutti uguali, tutti con le mascherine, e poi dai sono «in tanti», ma persone vicine, dell’età dei nostri padri, nonni. I parenti non hanno potuto vederli, dare loro l’ultimo saluto, organizzar­e il funerale. Aspettiamo che tutto sia finito per celebrarvi, davvero. Stazione dei carabinier­i di Medicina, 18 di sera. Orario in cui il popolo social si dà ormai l’appuntamen­to per il flash mob canterino. Io non ne ho visti di medicinesi affacciati, non è un gesto tipico del medicinese quello di esternare così le proprie emozioni. Ho visto però le camionette dei carabinier­i davanti alla locale caserma, sono tante, quattro o cinque, forse di più, piene di

” Lui scende, sale in quella di lei, parlano, si baciano, poi lui torna sulla sua auto e lei parte

militari con la mascherina, lo spiazzo davanti alla caserma è affollato, un assembrame­nto di divise, i lampeggian­ti rossi e azzurri rendono inquietant­e la notte. In piazza c’è solo una ragazza vestita di nero con un cane bianco, ecco, l’ossessione per possedere un animale domestico mi ricorda invece Blade Runner, il libro in realtà, «Gli androidi sognano pecore elettriche?», e il desiderio della gente del futuro di avere bestie vive in casa, non replicanti. Budrio, davanti a un grosso negozio di elettronic­a, quelli che di vendono di tutto, dal tostapane al pc di ultima generazion­e, tv giganti, ecc. Sono costretti a stare aperti loro, perché un cavo elettrico può sempre servire, una cuffietta con microfono per parlare con Skype con il professore, l’amico, il parente, l’amante. Dentro è tutto deserto, solo due persone viaggiano spavalde senza mascherina, i commessi guardano fuori sconsolati, visi nascosti da uno strato di plastica filtrante. Nel piazzale ci sono solo due auto (e la mia), lui scende, sale in quella di lei, parlano, si baciano, poi lui torna sulla sua auto e lei parte. Altra citazione, la più dolce: L’amore ai tempi del colera 2.0. Perché almeno quello, si spera, resiste.

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