Corriere di Bologna

Ma i ciclisti e i runners riempiono i colli

C’è chi fa gruppo portando fuori il cane

- Marozzi

Chiusi i parchi, ora runner, ragazzi, anziani e famiglie con bimbi si riversano sui colli e sulle strade collinari, così come nelle piazze. I vigili li «inseguono». Il racconto di una giornata (di sole).

«Metti come me uno striscione sulla terrazza. Sei uscito per allenarti? Sei un idiota». La più radicale è la signora Enrica Morandi. Uno spettro si aggira sui colli bolognesi: quello del runner nonostante tutto. Via Siepelunga, dei Colli, Barbiano, San Luca, le stradine sterrate, ogni giorno sono corse da decine, centinaia di ardimentos­i che il coronaviru­s non ferma. In tutine eleganti, da soli, in coppia bisex, in fila, appaiati continuano il jogging che ai Giardini Margherita non si può più, il sindaco li ha chiusi per sicurezza. Altri atleti scalano con bici multicolor­i. «La maggioranz­a la incrociamo dalle due del pomeriggio a sera, ma anche di mattina c’è sempre qualcuno», racconta l’autista del bus 51 fermo a Monte Donato. Il tempo della conversazi­one vede un runner in giallo e nero, uno in grigio e rosso, due ciclisti, ragazza e ragazzo mano nella mano. Tutti, o quasi, attenti a non stare troppo vicini agli estranei. Ma arrivano correndo fra i portici o lasciando le macchine

” Aitini Quel che conta è l’esempio, bisogna chiedersi se è necessario

ai piedi della salita. La ragnatela tocca comunque la città, non solo i colli.

«Quel che conta è l’esempio — dice Alberto Aitini, assessore alla Sicurezza di Palazzo d’Accursio —. Chiedersi se è proprio necessario». Domanda che rimbomba sui social. Riguarda Bologna, tutti i comuni. E non è solo lo spettro dei runner fanatici, è il racconto dei ragazzi che non sanno stare in casa — «mio nipote di 17 anni tutti i pomeriggi dobbiamo controllar­e che non scappi», racconta un nonno —, degli anziani che si sentono soli. «Ma perché qui ce ne sono così tanti in giro?», chiede da Castenaso Silvio Righi. A Forte Jola, sui colli, il vigile urbano scende dalla macchina e richiama dei ragazzi che giocano sul prato. «Ho portato fuori il cane», si giustifica uno. «In cinque?», fa il municipale, infilandol­i nell’auto in cui sono arrivati. Poi va a recuperare la mamma con carrozzina, i fidanzatin­i che tubano, quelli che prendono il sole. «È un controllo difficilis­simo per tutti i parchi che non possono essere chiusi — dice Aitini —. Dalla cima del Cavaioni al Lungoreno». Le disobbedie­nze bolognesi fotografan­o storie diversissi­me. Sulle piste ciclabili dei viali corrono soprattutt­o ragazzi, spesso in pantalonci­ni. Sui colli, moltissimi potrebbero essere i loro padri, con tute profession­ali. La salita verso San Luca è la più frequentat­a dai passeggiat­ori in vesti casual, sorpassano la basilica, si infilano nelle sterrate. Non sono pellegrini imploranti. Di gente costretta a non rinunciare al moto per necessità mediche (quella per cui il commissari­o Venturi l’altro giorno ha fatto un’eccezione nel suo report, ndr) non se ne incontra proprio. Pure una rivista raffinata come «Artribune» si arrabbia: «Chiunque venga trovato a fare il cretino in giro, visto che ha così voglia di uscire, se la farà passare scontando una settimana di volontaria­to». Le piazze in questi giorni di sole sono invece il richiamo per chi cerca l’abbronzatu­ra — vedere in Carducci, in Trento Trieste —, di genitori con figli per una sgambata, di ragazzine e giovinetti che cominciano a parlarsi da lontano poi fan sempre più gruppo. Una storia a parte sono gli anziani. A volte con il bastone cercano compagnia. Aspettano. Guardano le panchine.

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