Il prete che torna a fare il medico
Don Debbi vestirà i vecchi abiti di medico
Il viceparroco di Correggio, Don Alberto Debbi vestirà i vecchi abiti di medico e tornerà in corsia. Vista l’emergenza e il bisogno di personale ha scelto di dare una mano all’Ospedale di Sassuolo.
Il primo giorno è REGGIO EMILIA stato ieri. Non di una nuova vita però, quanto della vecchia vita. Perché fino almeno al 30 aprile don Alberto Debbi vivrà in quella che è stata la sua casa fino al 2013, a Salvaterra di Casalgrande, e presterà servizio in quello che sempre fino a 7 anni fa è stato il suo posto di lavoro, il reparto di Pneumologia dell’ospedale di Sassuolo, ora reparto Covid-19.
Prima di diventare sacerdote don Debbi era medico. Non ha deciso di smettere di indossare l’abito talare, solo che per un po’ lo farà solo metaforicamente, perché fisicamente avrà il camice e sarà in corsia. Come sette anni fa, con un posto fisso in ospedale e una vita «impostata», non potè fare a meno di dare ascolto alla voce interiore che lo spingeva a cambiare tutto scegliendo la via del sacerdozio, così in questi giorni non è riuscito a non dare ascolto ad un’altra voce che gli diceva che in quest’emergenza sanitaria poteva e doveva essere d’aiuto come specialista pneumologo.
Lo contattiamo nella prima pausa della prima giornata in ospedale. «Ho ritrovato i miei colleghi di anni fa, persone stupende — ci racconta — Si stanno spendendo da due settimane in modo eroico e dentro una situazione drammatica. C’è dello scoramento in alcuni momenti, ma tanta determinazione». Gli chiediamo se sia come andare in bicicletta riprendere dopo tanti anni: «Eh, tutti mi stanno dicendo proprio così, forse per farmi coraggio. Le cose che hai dentro rimangono, non si cancellano».
E don Debbi è tornato a indossare il camice in un momento in cui per tutti gli operatori sanitari l’avversario è sconosciuto. Da questo punto di vista, nessun medico parte svantaggiato e la lotta è comune. Lui la vuole affrontare, per quanto può, con qualcosa in più e di diverso, tenendo ben presente dentro di sé quell’abito talare che tornerà a vestire anche fisicamente non appena l’emergenza sarà finita: «Sono un medico anche dello spirito, so che in certi momenti la scienza si ferma e subentra qualcos’altro. So che abbiamo dei limiti. Voglio provare ad avvicinarmi quanto più possibile ai malati che sono soli».
Don Alberto Debbi ha 44 anni. Prima di lavorare all’ospedale di Sassuolo ha prestato servizio in quello di Scandiano, nel reggiano. È diventato sacerdote nel 2018 e da allora è viceparroco a Correggio. Alla sua comunità, dopo aver chiesto e ottenuto «subito, senza riserve», ci dice, l’autorizzazione a dare una mano in corsia dal parroco don Sergio Pellati ma soprattutto dal vescovo di Reggio Massimo Camisasca, ha scritto che «come mi ha detto un’amica, il mio altare adesso diventa il letto del malato. Era una parte di me ancora viva e ora più che mai mi spinge a donarmi. Penso che in questo momento di sofferenza sia anche questo un modo per “spezzarsi” e mettersi a disposizione con tutto quello che abbiamo».
Disponibilità
In questo momento di sofferenza penso sia anche questo un modo mettersi a disposizione