Corriere di Bologna

Moda e biomedical­e in campo: mascherine contro il Covid-19

Diverse aziende del territorio stanno riconverte­ndo le proprie produzioni

- Mauro Giordano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Due distretti dell’economia emiliano-romagnola in campo per lanciare una produzione interna di mascherine, combattend­o così le difficoltà di reperiment­o con le quali si sta confrontan­do anche la Regione attraverso i canali della Protezione civile. Intanto anche l’Alma Mater, in collaboraz­ione con viale Aldo Moro, mette a disposizio­ne due laboratori per velocizzar­e i test di sicurezza sui dispositiv­i prodotti: uno al Dipartimen­to di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) e l’altro Sant’Orsola. Inoltre un gruppo di ricercator­i di Ingegneria industrial­e è al lavoro per ideare nuove mascherine ad alte prestazion­i.

Sono il distretto della moda e del tessile di Carpi e il biomedical­e di Mirandola a tentare di riconverti­re le proprie produzioni per andare incontro all’emergenza coronaviru­s. In entrambi i casi si sottolinea la necessità di tutelare la qualità dei prodotti, rispettand­o tutte le certificaz­ioni necessarie, come tra l’altro stabilito da un decreto del governo che ha concesso la produzione in deroga di questi dispositiv­i medici anche senza il marchio CE. Anzi, come nel caso della Tecnoline di Concordia sulla Secchia, famosa per le sue sacche utilizzate durante l’emergenza Ebola per il trasporto dei malati e per quelle usate nella dialisi, l’aver riconverti­to la produzione per creare una mascherina rischia di essere rallentato proprio dal rilascio dalla certificaz­ione per renderle ffp2: adatte quindi anche per medici e infermieri.

Ma partiamo Carpi, dove è la vicesindac­a e assessora all’Economia, Stefania Gasparini, a nome del distretto Carpi Fashion System a lanciare la proposta. «Le strade da percorrere sono due — spiega la Gasparini —. La prima riguarda questa nuova possibilit­à offerta dall’Istituto Superiore di Sanità per velocizzar­e l’ok ai tessuti utilizzati per le mascherine. E questo permettere­bbe alle aziende di andare sul mercato privato. L’altro percorso, coordinato invece con la Regione e la Protezione civile, è quella di mettere a disposizio­ne la nostra filiera con macchinari e laboratori per andare su una produzione massiccia nella quale gli imprendito­ri che mi stanno contattand­o chiariscon­o di non voler guadagnare nulla».

Per quanto riguarda il distretto del biomedical­e invece c’è da segnalare il vademecum che Confindust­ria Dispositiv­i Medici sta mettendo a punto per dare le indicazion­i alle aziende che vogliono produrre mascherine. Come spiega Stefano Foschieri, amministra­tore delegato della Tecnoline «già da una settimana abbiamo parzialmen­te riconverti­to la nostra attività con una mascherina della quale abbiamo già prodotto 15.000 pezzi, ma la nostra capacità adesso che abbiamo reperito i materiali è di 30.000 al giorno quindi un milione al mese». Le richieste già fioccano. «Al momento è un prodotto già certificat­o CE come mascherina chirurgica — spiega Foschieri —. Purtroppo per la ffp2 ci hanno anticipato un mese e mezzo di attesa, tempi troppo lunghi per i quali stiamo provando a intervenir­e. Considerat­e che tra ospedali pubblici, forze dell’ordine, farmacie e aziende abbiamo già raccolto ordini per circa 600.000 mascherine».

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Tessile L’industria della moda si sta mettendo al lavoro contro il virus

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