Moda e biomedicale in campo: mascherine contro il Covid-19
Diverse aziende del territorio stanno riconvertendo le proprie produzioni
Due distretti dell’economia emiliano-romagnola in campo per lanciare una produzione interna di mascherine, combattendo così le difficoltà di reperimento con le quali si sta confrontando anche la Regione attraverso i canali della Protezione civile. Intanto anche l’Alma Mater, in collaborazione con viale Aldo Moro, mette a disposizione due laboratori per velocizzare i test di sicurezza sui dispositivi prodotti: uno al Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) e l’altro Sant’Orsola. Inoltre un gruppo di ricercatori di Ingegneria industriale è al lavoro per ideare nuove mascherine ad alte prestazioni.
Sono il distretto della moda e del tessile di Carpi e il biomedicale di Mirandola a tentare di riconvertire le proprie produzioni per andare incontro all’emergenza coronavirus. In entrambi i casi si sottolinea la necessità di tutelare la qualità dei prodotti, rispettando tutte le certificazioni necessarie, come tra l’altro stabilito da un decreto del governo che ha concesso la produzione in deroga di questi dispositivi medici anche senza il marchio CE. Anzi, come nel caso della Tecnoline di Concordia sulla Secchia, famosa per le sue sacche utilizzate durante l’emergenza Ebola per il trasporto dei malati e per quelle usate nella dialisi, l’aver riconvertito la produzione per creare una mascherina rischia di essere rallentato proprio dal rilascio dalla certificazione per renderle ffp2: adatte quindi anche per medici e infermieri.
Ma partiamo Carpi, dove è la vicesindaca e assessora all’Economia, Stefania Gasparini, a nome del distretto Carpi Fashion System a lanciare la proposta. «Le strade da percorrere sono due — spiega la Gasparini —. La prima riguarda questa nuova possibilità offerta dall’Istituto Superiore di Sanità per velocizzare l’ok ai tessuti utilizzati per le mascherine. E questo permetterebbe alle aziende di andare sul mercato privato. L’altro percorso, coordinato invece con la Regione e la Protezione civile, è quella di mettere a disposizione la nostra filiera con macchinari e laboratori per andare su una produzione massiccia nella quale gli imprenditori che mi stanno contattando chiariscono di non voler guadagnare nulla».
Per quanto riguarda il distretto del biomedicale invece c’è da segnalare il vademecum che Confindustria Dispositivi Medici sta mettendo a punto per dare le indicazioni alle aziende che vogliono produrre mascherine. Come spiega Stefano Foschieri, amministratore delegato della Tecnoline «già da una settimana abbiamo parzialmente riconvertito la nostra attività con una mascherina della quale abbiamo già prodotto 15.000 pezzi, ma la nostra capacità adesso che abbiamo reperito i materiali è di 30.000 al giorno quindi un milione al mese». Le richieste già fioccano. «Al momento è un prodotto già certificato CE come mascherina chirurgica — spiega Foschieri —. Purtroppo per la ffp2 ci hanno anticipato un mese e mezzo di attesa, tempi troppo lunghi per i quali stiamo provando a intervenire. Considerate che tra ospedali pubblici, forze dell’ordine, farmacie e aziende abbiamo già raccolto ordini per circa 600.000 mascherine».