Quando Marconi accese il mondo
Alle 11.03 del 26 marzo 1930, dal suo yacht Elettra ancorato a Genova, Guglielmo Marconi accendeva le lampade del Municipio di Sydney tramite un semplice segnale radio. Un filmato dell’Istituto Luce ricorda «la trasmissione radiofonica di un messaggio all’Australia», proseguendo con Marconi ripreso mentre aziona l’interruttore in apertura della grande esposizione «Mostra Elettrica» di Sidney, illuminando il palazzo municipale della città, a 22mila chilometri di distanza.
Dopo novant’anni si celebrea una tappa fondamentale nella parabola dell’inventore bolognese, che già nel 1895, appena ventunenne, nella villa di famiglia di Pontecchio, aveva sperimentato le proprie intuizioni.
Per Giovanni Emanuele Corazza, docente dell’Alma Mater e dalla scorsa estate presidente della Fondazione Marconi, quell’accensione «può essere interpretata in chiave di anticipazione della Internet-of-Things (IoT), o Internet delle Cose. In effetti, non si trattò di comunicazione tra esseri umani, bensì di uno scambio di segnali mirati all’attuazione di una funzione da parte di un sistema artificiale, qui specificatamente il sistema di illuminazione di un edificio. Ancora una volta Marconi rivelava la sua incredibile capacità di preconizzare il futuro. Ma c’è una differenza con la IoT moderna che rende ancora più strabiliante questo antecedente: se oggi dovessimo accendere le luci, o il riscaldamento, di casa nostra da una App sul nostro smartphone, cosa effettivamente fattibile, il segnale radio viaggerebbe pochi chilometri prima di essere ricevuto da una stazione radio base, e poi proseguirebbe ”sotterrato” nei cavi della rete Internet fino alla sua destinazione finale». Nel caso di Marconi, invece, quel segnale trasmesso da Genova si propagò direttamente in atmosfera fino a Sydney, «sfruttando quei rimbalzi provocati dalla ionosfera che consentono alla propagazione radio di ”fare il giro del mondo”, almeno in un ristretto intervallo di frequenze».
Non si tratta dell’unico anniversario marconiano, ricorda Barbara Valotti, direttrice del Museo Marconi, che ha sede a Villa Griffone, la casa natale di Marconi sulla Porrettana. «In effetti — racconta — ci stavamo concentrando su altre due date, i 125 anni dai primi esperimenti a Pontecchio e i 100 anni dai primi servizi di broadcast. Dal punto di vista tecnologico quello che fece allora Marconi non era forse così clamoroso, ma anche tra i visitatori del nostro museo è uno degli episodi più noti perché si tratta di una celebrazione perfetta di Marconi, uomo anche di marketing. Un evento che lo aiutò a far conoscere le sue invenzioni e la sua impresa, un grande spettacolo scientifico che riassumeva il meglio del suo trentennio di attività».
Una vicenda che arriva dritta ai giorni nostri con il wireless degli ultimi vent’anni, oggi così fondamentale anche nel tempo del coronavirus, in cui la comunicazione dipende da tecnologie come lo streaming. Un’eredità scientifica la cui prima scintilla si accese proprio a Pontecchio e forse non è ancora riconosciuta abbastanza. Anche se da quelle stanze, che dal 1999 ospitano l’interattivo museo e da cui venne lanciato il primo segnale radio della storia, negli anni sono passati in tanti a rendere omaggio a Marconi. Da Martin Cooper, a cui si deve la prima chiamata mai fatta con un cellulare, a Vint Cerf, tra i padri di Internet, da Tim Berners Lee, creatore del web, a David Payne, pioniere delle fibre ottiche. In vent’anni il museo è molto cresciuto per quantità e qualità di proposte, ma resta il sospetto che Marconi non sia ancora valorizzato in tutto il suo potenziale. Pur essendo, continua Valotti, «il primo grande innovatore tecnologico del ’900, un visionario, uno sperimentatore, un uomo di impresa».
Anche se Marconi sperimentava in soffitta e non nei garage della Silicon Valley, un antesignano a tutti gli effetti dei guru che hanno segnato il tempo presente, da Steve Jobs a Bill Gates, da Mark Zuckerberg a Larry Page. Con gli stessi rapporti complicati con il mondo accademico, conferma Valotti, «perché a Marconi, che pure collezionò 16 lauree ad honorem, non vennero mai perdonati la macchia di aver creato impresa da subito così come i legami con il fascismo, che a volte hanno fatto dimenticare tutto quello che aveva compiuto negli anni precedenti».
” Già nel futuro Quell’episodio anticipò il principio della domotica. E lui si dimostrò anche un genio del marketing