Imprese e lavoro, lo slalom tra le norme
Cicognani (Regione): giornate interminabili
Le imprese, i lavoratori, la Regione, l’Inps. Tutti attori chiamati a far fronte al blocco produttivo. E alla burocrazia che sta dando non pochi grattacapi sul fronte ammortizzatori sociali.
Sono 8.274 le domande di cassa integrazione in deroga arrivate da quando è iniziata l’emergenza coronavirus in Emilia-Romagna. Una valanga. E i lavoratori coinvolti sono già oltre 22mila. Il dato, che si riferisce al periodo dal 23 febbraio in poi, è aggiornato a ieri.
A fare il punto è Paola Cicognani, direttrice dell’Agenzia regionale per il lavoro che dal 2015 è il soggetto che gestisce crisi aziendali e processi di autorizzazione degli ammortizzatori sociali. Cicognani, che da inizio marzo è in smart working, vive, dal lunedì alla domenica, «giornate interminabili, tra email, telefonate e conference call. L’attuale crisi, assicura, «è molto più grave di quella del 2008-2009», quando fu creato il trattamento di sostegno al reddito temporaneo per quelle aziende che non ne avevano diritto e che avrebbe dovuto andare in esaurimento nel 2016.
«Solo a giugno — la dirigente regionale — saremo in grado di capirne davvero gli effetti e fare la conta di chi avrà perso il lavoro». Ai consulenti del lavoro che denunciano ingorghi e caos, Cicognani risponde illustrando passo passo la procedura che consente di garantire ossigeno a ogni dipendente fermato dal blocco produttivo. «In 15 giorni sono usciti ben due decreti e il quadro giuridico risulta un po’ confuso — ammette comunque — pieno di distinguo e “fatto salvo che” dentro maglie piuttosto larghe. Non sono stupita: il meccanismo da attivare era complesso».
La procedura per chiedere gli ammortizzatori sociali è, però, chiara. Primo step: «Le aziende devono confrontarsi coi sindacati, firmare l’accordo di sospensione e definire per ogni azienda i numeri del personale da coinvolgere e il periodo di riferimento». Tredici settimane al massimo. Qui il ruolo dei sindacati risulta fondamentale: se non ci fossero, Agenzia del Lavoro e Inps si troverebbero davanti a mere autocertificazioni aziendali. «Una volta firmato l’accordo, e di mancati accordi ancora non ne ho visti — precisa — la domanda va corredata di marca da bollo e firma scannerizzata del legale rappresentante e trasmessa a noi, Agenzia del lavoro regionale». Con allegati i moduli, ne esiste uno per tipologia, riferiti ai lavoratori. Ai consulenti che vorrebbero presentarla per procura, Cicognani replica: «Sotto una richiesta di contributo pubblico non si può apporre la firma di qualcun altro, serve il legale rappresentante». La delega, che si può fare, oltretutto allungherebbe i tempi.
«All’Agenzia del lavoro spetta — continua ancora — di verificare la correttezza e la congruenza delle informazioni contenute nelle richieste. Se tutto è coerente, approviamo una determina di autorizzazione
” Ogni domanda va corredata di marca da bollo e firma scannerizzata del legale rappresentante
e inoltriamo la domanda all’Inps». Rigorosamente per via informatica. Sarà poi l’Isituto di previdenza sociale, che certo ieri non ha dato un’ottima prova di sé, a chiedere, mese per mese, ai datori di lavoro di caricare sul portale i moduli cosiddetti «sr10» che indicano tutti i dettagli. E qui anche noi ci perdiamo un po’.
«Le imprese non possono anticipare gli emolumenti — chiarisce, infine la Cicognani — , gli ammortizzatori in deroga prevedono solo il pagamento diretto da parte dell’Inps». Che necessita in media di cinquanta giorni per effettuare i bonifici. Ecco perché «il protocollo appena firmato con le banche per anticipare ai lavoratori di questa regione le indennità rappresenta un vero e proprio toccasana».