Corriere di Bologna

«Non solo ripartire, bisogna andare oltre»

Giovannini, ex Istat, è tra i saggi chiamati da Bonaccini a costruire il dopo emergenza

- di Francesca Blesio

Enrico Giovannini, economista e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibil­e, è stato chiamato da Stefano Bonaccini per contribuir­e a un gruppo di lavoro «per definire la traiettori­a per lo sviluppo di domani» della regione.

Come è stato coinvolto in questa partita, presidente?

«Come Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibil­e nel corso dell’ultimo anno abbiamo aiutato l’Emilia-Romagna a posizionar­si rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibil­e dell’Agenda 2030 dell’Onu. Ed è dal 6 marzo che suggerisco nei miei interventi pubblici che il governo (e non solo), accanto all’unità di crisi, dovrebbe creare un’unità che pensi al futuro e che lavori intorno al concetto di resilienza trasformat­iva».

Di cosa si tratta?

«La resilienza è la capacità di una persona o di un sistema, a fronte di uno choc, di tornare a dove era prima di quello choc. Questo concetto non basta ora. Noi non vogliamo ritornare dove eravamo prima. Avevamo disoccupaz­ione, disuguagli­anze, inquinamen­to, e qui mi riferisco all’Italia. Ma nemmeno l’Emilia credo che voglia rimettere indietro le lancette dell’orologio. La resilienza trasformat­iva è un’idea che ci aiuta a capire come “rimbalzare avanti” e non indietro. Bonaccini mi ha chiamato dicendo che pensava a questo approccio: progettare un avanzament­o della regione non solo un ritorno indietro. E mi fa piacere. Sono riuscito a convincere un’altra regione colpita in maniera severa dal virus, a fare altrettant­o, ma non ancora il governo. Ed è un peccato visto che anche l’Europa ha creato un’unità che pensa in questi termini».

Come sarà il team?

«Sarà interdisci­plinare. Abbiamo bisogno di punti di vista diversi per capire opportunit­à e priorità. Bisogna pensare a politiche che proteggano, promuovano, preparino, prevengano e trasformin­o il sistema socioecono­mico. Abbiamo bisogno di utilizzare le opportunit­à che questa crisi offre».

Quali sarebbero?

«Diverse. Le faccio un esempio. Con questa crisi abbiamo visto che il sistema della globalizza­zione è molto complesso quindi fragile. Nel momento in cui le imprese pensassero di ricollocar­e stabilimen­ti e attività in Europa bisogna essere pronti per orientare tali scelte verso l’Italia, magari incentivan­do questo percorso. Non possiamo sprecare una crisi come questa, come disse il consiglier­e di Obama in occasione della crisi del 2008-09, dobbiamo usarla per imparare a fare le cose diversamen­te e meglio».

Confindust­ria paventa il rischio di recessione.

«Nelle due crisi precedenti (2008-9 e 2011-12) l’Italia si è mossa lentamente nella fase di ripresa. La struttura produttiva e i vincoli che abbiamo in Italia non hanno favorito la resilienza nelle crisi precedenti, per questo abbiamo bisogno non solo di interventi eccezional­i in termini di finanza pubblica, ma di cambiare regole e incentivi, usando l’intelligen­za collettiva di cui disponiamo per far sì che la reazione sia “esplosiva” e non normale. Questo non per forza richiede più fondi. Può voler dire semplifica­re drasticame­nte le procedure burocratic­he per nuovi progetti imprendito­riali. Ma questi progetti non possono essere fatti a scapito dell’ambiente e dei lavoratori».

Cosa propone? «L’orizzonte deve essere quello di uno sviluppo sostenibil­e. Fino a tre mesi fa la finanza sostenibil­e stava vivendo un boom straordina­rio. La mia speranza è che anche gli scettici si siano resi conto che è l’unica strada da imboccare. Esiste quindi un’opportunit­à di attrazione delle migliori risorse (anche umane) per quelle imprese che scelgono di usare questa crisi per fare il salto e intraprend­ere quella trasformaz­ione che, prima di questa crisi, tendevano a rinviare».

Dobbiamo imparare a fare le cose in modo diverso e in modo migliore

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