«Non solo ripartire, bisogna andare oltre»
Giovannini, ex Istat, è tra i saggi chiamati da Bonaccini a costruire il dopo emergenza
Enrico Giovannini, economista e portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, è stato chiamato da Stefano Bonaccini per contribuire a un gruppo di lavoro «per definire la traiettoria per lo sviluppo di domani» della regione.
Come è stato coinvolto in questa partita, presidente?
«Come Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile nel corso dell’ultimo anno abbiamo aiutato l’Emilia-Romagna a posizionarsi rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. Ed è dal 6 marzo che suggerisco nei miei interventi pubblici che il governo (e non solo), accanto all’unità di crisi, dovrebbe creare un’unità che pensi al futuro e che lavori intorno al concetto di resilienza trasformativa».
Di cosa si tratta?
«La resilienza è la capacità di una persona o di un sistema, a fronte di uno choc, di tornare a dove era prima di quello choc. Questo concetto non basta ora. Noi non vogliamo ritornare dove eravamo prima. Avevamo disoccupazione, disuguaglianze, inquinamento, e qui mi riferisco all’Italia. Ma nemmeno l’Emilia credo che voglia rimettere indietro le lancette dell’orologio. La resilienza trasformativa è un’idea che ci aiuta a capire come “rimbalzare avanti” e non indietro. Bonaccini mi ha chiamato dicendo che pensava a questo approccio: progettare un avanzamento della regione non solo un ritorno indietro. E mi fa piacere. Sono riuscito a convincere un’altra regione colpita in maniera severa dal virus, a fare altrettanto, ma non ancora il governo. Ed è un peccato visto che anche l’Europa ha creato un’unità che pensa in questi termini».
Come sarà il team?
«Sarà interdisciplinare. Abbiamo bisogno di punti di vista diversi per capire opportunità e priorità. Bisogna pensare a politiche che proteggano, promuovano, preparino, prevengano e trasformino il sistema socioeconomico. Abbiamo bisogno di utilizzare le opportunità che questa crisi offre».
Quali sarebbero?
«Diverse. Le faccio un esempio. Con questa crisi abbiamo visto che il sistema della globalizzazione è molto complesso quindi fragile. Nel momento in cui le imprese pensassero di ricollocare stabilimenti e attività in Europa bisogna essere pronti per orientare tali scelte verso l’Italia, magari incentivando questo percorso. Non possiamo sprecare una crisi come questa, come disse il consigliere di Obama in occasione della crisi del 2008-09, dobbiamo usarla per imparare a fare le cose diversamente e meglio».
Confindustria paventa il rischio di recessione.
«Nelle due crisi precedenti (2008-9 e 2011-12) l’Italia si è mossa lentamente nella fase di ripresa. La struttura produttiva e i vincoli che abbiamo in Italia non hanno favorito la resilienza nelle crisi precedenti, per questo abbiamo bisogno non solo di interventi eccezionali in termini di finanza pubblica, ma di cambiare regole e incentivi, usando l’intelligenza collettiva di cui disponiamo per far sì che la reazione sia “esplosiva” e non normale. Questo non per forza richiede più fondi. Può voler dire semplificare drasticamente le procedure burocratiche per nuovi progetti imprenditoriali. Ma questi progetti non possono essere fatti a scapito dell’ambiente e dei lavoratori».
Cosa propone? «L’orizzonte deve essere quello di uno sviluppo sostenibile. Fino a tre mesi fa la finanza sostenibile stava vivendo un boom straordinario. La mia speranza è che anche gli scettici si siano resi conto che è l’unica strada da imboccare. Esiste quindi un’opportunità di attrazione delle migliori risorse (anche umane) per quelle imprese che scelgono di usare questa crisi per fare il salto e intraprendere quella trasformazione che, prima di questa crisi, tendevano a rinviare».
Dobbiamo imparare a fare le cose in modo diverso e in modo migliore