«Paghiamo i test agli operai e riapriamo»
Parla l’ad di Ducati Motor, Claudio Domenicali
” L’ad Esiste un modello emiliano che è vincente: le decisioni sono condivise tra imprese, sindacati e istituzioni Non ci sono decisioni unilaterali
«Riaprire le attività produttive il prima possibile ma con il massimo della sicurezza». E se questo implica incoraggiare i dipendenti a sottoporsi al test sierologico sugli anticorpi al coronavirus le imprese non si tirano indietro. Anzi, sono pronte anche a pagare di tasca propria le spese di laboratorio. Ce lo confida Claudio Domenicali,
ad di Ducati Motor. Ma nel consiglio di presidenza di Confindustria Emilia, dalla Voilàp del presidente Valter Caiumi, Bonfiglioli Riduttori, Ima, Datalogic, Euroricambi si sono detti disponibili a supportare questa e ogni iniziativa per superare l’emergenza.
Ingegnere Domenicali, già pronti a collaborare prima che le istituzioni lo chiedano?
«Siamo molto rispettosi delle indicazioni della Regione. Quella di sottoporre gli operai al test al momento dell’apertura, è una delle idee che circola da qualche tempo ed è già condivise, ma ovviamente aspettiamo il protocollo sanitario».
Non ha pensato a quanto potrebbe costarvi?
«Non è questo il punto. Ci sono mercati bloccati e altri ancora o già dinamici, come Cina e Giappone, e non poterli servire è causa di un danno ben più grave».
Il test potrebbe servire a fare rientrare in azienda prima gli immuni al virus?
«Innanzitutto il test è utile per classificare la popolazione per pianificare aperture e riprese progressive nel territorio. Noi diamo il nostro contributo come azienda, ma per riaprire la Ducati non serve conoscere chi è immune».
Come può esservi utile?
«A individuare i casi positivi asintomatici. In questo caso non possono tornare in fabbrica ma devono rispettare al quarantena. Far rientrare solo gli immuni, secondo le previsioni, significherebbe far rientrare il 5 o 10% della popolazione. Con cifre così basse non si riapre nulla».
Non conviene sollecitare i tamponi a tappeto?
«È stato detto più volte che non esiste una capacità produttiva delle aziende del medicale im grado di realizzare quantità di reagenti e materiali sufficienti per un’indagine massiccia. Insomma i tamponi non ci sono. Questi test, poi, sono più veloci».
Quando crede che Ducati possa ritornare a produrre?
«Per legge, siamo chiusi fino al 14 aprile. Auspico una ripresa subito dopo. La sicurezza è garantita, e già da adesso. Noi misuravamo la temperatura agli ingressi il 24 febbraio quando molti pensavano che fosse una semplice influenza».
Quali settori stanno proseguendo in smart working?
«Ricerca e sviluppo e la parte del marketing, della vendita e l’amministrazione. C’è chi cura i nostri social, per esempio le puntate del Ducati Cafè con ospiti celebri. I nostri progettisti hanno realizzato un live digitale per il lancio in Spagna del nuovo modello Streetfighter».
Insomma, potreste riaprire oggi?
«Se dipendesse solo dai protocolli di sicurezza, sì. Abbiamo giò predisposto un piano per il post 14 aprile, di ingressi a a turnazioni differenziate tra mattina pomeriggio, oltre alle necessarie regole e dotazioni di protezione».
Ci ricorda quanti sono i dipendenti Ducati?
«Sono 1400 a Bologna, e 300 nel mondo. Di questi centinaia stanno lavorando in remoto».
Quanto pesa il fermo in termini economici?
«È una catastrofe. A marzo abbiamo venduto il 10% di quello che venderemmo in un mese normale. E pensi che il picco delle vendite, per le moto, va proprio da aprile a giugno. Ogni settimana persa non si recupera più. Va meglio alle auto. per esempio: non sono “stagionali”».
Almeno le concessionarie sono chiuse.
«In Italia, ma non altrove e non possiamo rifornirle. E nel Paese, che è il nostro mercato più ampio, ci sarà sempre meno denaro in circolazione. Non si tratta di un semplice calo ma di un blocco attivo che obbligherà a un taglio dei costi che investirà tutta la filiera».
Torniamo sempre al punto di partenza: è ora di ripartire?
«Almeno per servire i mercati esteri. Dobbiamo evitare l’angoscia di prolungare le restrizioni oltre la ragionevolezza. Abbiamo molto a cuore, ovviamente, il rischio sanitario ma bisogna trovare un equilibro consapevoli di quello economico».
È fattibile?
«Gradualmente sì. Il modello emiliano di grande collaborazione reciproca tra imprese, sindacati e istituzioni. è quello vincente Non esistono le decisioni unilaterali degli imprenditori».