LA BUROCRAZIA CIMITERIALE
Soltanto l’immenso Luis Selpuveda, delicato creatore della «Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare», avrebbe potuto trovare il titolo più tenero e giusto per questa triste vicenda: «Storia dell’uomo che volle diventare cenere per riposare accanto alla compagna». Magari Lina Wertmuller ne avrebbe fatto un film dalla titolazione strampalata: «Racconto d’amore e di morte nei labirinti della burocrazia». La cosa sicura è che il copione non potrebbe intrigare un maestro del brivido, perché costruito su banali disguidi burocratici, non dal genio di uno sceneggiatore premio Oscar. Il colpo di scena precipita addosso a un cittadino bolognese come tanti, attraverso una di quelle lettere su pratiche cimiteriali che finiscono per trattare le delicate questioni sui defunti come una proposta commerciale.
Ciò rimette in moto una tempesta di dolorosi ricordi che sarebbe meglio restassero morti e sepolti. La location non è un ambiente sinistro, da fare venire la pelle d’oca, così spaventevole per cui sarebbe difficile entrarvi per un requiem o almeno provare pietà. La sua area monumentale è bella come un museo senza pareti, dove la memoria di nomi illustri o anonimi è fissata sul marmo e affidata alla bellezza. Pare che nulla si lesini del bilancio, per garantire buona accoglienza ai vivi in visita pietosa, ma soprattutto agli stanziali, che il destino ineludibile ha già consegnato all’immobilità. Stanno perfino pensando ad aprirvi una pista ciclabile, per rompere il diaframma fra luogo dei viventi e dei dormienti, e per fare entrare nel campo santo anche i bambini in bici, affinché capiscano che il mondo defunto fa parte di quello globale. Le voci giovanili potrebbero coprire quelle affrante degli adulti. Più saranno allegre e scoppiettanti meglio sarà, nessuno può escludere che le anime costrette al forzoso silenzio non abbiano nostalgia delle perdute risate.Per descrivere il patimento che una lettera sbadata può causare, occorre tornare all’uomo che per amore scelse di polverizzarsi, l’unico trattamento che poteva condurlo vicino alla compagna. Troppo esiguo lo spazio per contenere un’altra cassa, anche quando l’anima è in comune. Due cuori possono stringersi dentro una capanna, ma non in un loculo singolo. L’estrema riunione della coppia fu possibile perché una metà scelse essere ridotta in polvere, ma di una clessidra che nessuno potrà mai capovolgere. Oggi, allo scoccare dei 25 anni di concessione, una mano burocratica manda un clic per stampare due informazioni fac simili, con la richiesta economica di rinnovo. Il computer, che non sa leggere dentro i sentimenti, ha stabilito che i corpi affiancati nell’eterno riposo sono due, quindi pretende il raddoppio della tariffa d’occupazione. È facile immaginare la sofferenza di chi, attraverso una pretesa beffarda, scopre che la burocrazia nega al suo defunto il senso profondo e tenerissimo dell’ultima volontà. Inutile tormentarsi sul perché dell’equivoco e se l’indirizzo sbagliato della lettera sia un caso unico, né ha effetto lenitivo avere ottenuto l’ammissione dell’errore. Anche nel nostro tempo distratto dovrebbe restare chiaro il concetto dell’impenetrabilità dei corpi: dove c’è spazio soltanto per uno non si potrà mai fare posto a due. A meno che non venga chiesto aiuto al fuoco che riduce in cenere. Quando si dice ardere d’amore.