Il Polittico in mostra a Palazzo Fava
Prima lo si vede tutto insieme, proprio come apparve ai bolognesi di fine ‘400, in una materializzazione tecnologica in 3D. Poi, nell’ultima stanza del Piano Nobile di Palazzo Fava, le 16 meravigliose tavole originali di quello che era il Polittico Griffoni appaiono l’una di fianco all’altra.
La pala d’altare dedicata a San Vincenzo Ferrer, realizzata dai ferraresi Francesco del Cossa ed Ercole de’ Roberti per la cappella di famiglia di Floriano Griffoni all’interno di San Petronio, è finalmente tornata a casa. Nella città in cui era stata smembrata nel 1725 dal cardinale Pompeo Aldrovandi perché le singole parti adornassero come quadri da stanza la sua residenza di campagna a Mirabello, nel Ferrarese. L’inizio di un’odissea, descritta in mostra, che le avrebbe portate in giro per il mondo attraverso i canali del mercato antiquario e del collezionismo.
A New York, Washington, Rotterdam, Venezia, Ferrara, Milano e Roma. Un ritorno reso ancor più complicato dalla pandemia, che aveva ibernato il progetto di Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae, che ha però convinto i 9 musei prestatori delle tavole. Quasi tutti, con la National Gallery di Londra che dovrà confermare il suo assenso, hanno accettato di prolungare il prestito sino a fine anno. In attesa delle ultime due piccole tavole provenienti dal Louvre, che la chiusura delle frontiere ha sinora trattenuto a Parigi. Due anni e mezzo di lavoro non vanificati, anche se l’emergenza Covid-19 ha dettato nuove regole per riaccostarsi al capolavoro bolognese. Dalla prenotazione obbligatoria su www.genusbononiae.it alla visita al massimo di un’ora, dall’accesso per 35 persone ogni mezzora con orari di apertura ampliati tutti i giorni dalle 9 alle 22 all’obbligo di mascherina, compresa quella realizzata ad hoc per l’occasione e ispirata alla tavola di Santa Lucia. «La riscoperta di un capolavoro», ingresso 15 euro con varie riduzioni, passa per alcune stanze preparatorie in cui scoprire la genesi del Polittico. Partito da una cappella di San Petronio restaurata pochi anni fa, la sesta a sinistra, oggi ben diversa da quella per cui era stato concepito nel ‘400.
La mostra, curata da Mauro Natale con Cecilia Cavalca e accompagnata da un imponente catalogo, costituisce una bella soddisfazione anche per l’assessore regionale alla Cultura Mauro Felicori: «Mi sono insediato insieme al virus e sinora avevo visto solo chiusure. Per questo ci tenevo tanto a una mostra che è davvero un unicum, un capolavoro riunito per la prima volta e che forse non lo sarà mai più». Il percorso prevede anche un’altra sezione al secondo piano, «La materialità dell’Aura: nuove tecnologie per la tutela», a cura della Factum Foundation di Adam Lowe che attraverso le tecnologie digitali propone una riflessione sul rapporto tra la materialità di un oggetto d’arte e la sua aura. Con esempi come le «Ninfe» di Monet o il «Compianto» di Niccolò dell’Arca scansionato per intero. Proprio come i 16 pannelli del Polittico, ripresi nei diversi musei per dar vita a una riproduzione virtuale che al termine della mostra resterà in dote al Museo della Storia di Bologna.