Nei guai gli autori dei blitz «anti-padroni»
Misure per sei attivisti di Hobo dopo le denunce dei negozianti. Altri 19 indagati
Iblitz anti padroni, la gogna riservata ai titolari dei locali per presunti abusivi contro i dipendenti, costano caro al collettivo Hobo. Sei sono stati raggiunti dalla misura dell’obbligo di dimora, e altri diciannove sono indagati. L’inchiesta di Procura e Digos, innescata dalla denuncia dei negozianti, contesta diversi reati: i più gravi tentata estorsione e lesioni. Il collettivo non arretra: «Non ci fermerete».
Col volto coperto da una maschera bianca sono arrivati con rabbia e megafono davanti ai negozi di quelli che dal nome della loro pagina facebook vengono definiti i “padroni di m...”. La campagna contro le aziende che a loro dire sfruttano i lavoratori, non pagandoli. Chiedono stipendi arretrati ma sono accusati di farlo attraverso condotte estorsive e violente durante i loro blitz in cui urlano l’insolvenza dei datori di lavoro e applicano bollini come marchi. Secondo gli inquirenti, innescati dalle denunce dei negozianti, a volte interrompendo l’attività e minacciando azioni ritorsive e diffamatorie, se non avessero avuto quanto reclamato per i dipendenti non pagati: «Vi facciamo chiudere».
Sono 19 i denunciati appartenenti al collettivo antagonista Hobo, per 5 ieri è scattata la misura cautelare del divieto di dimora disposto dal gip, Sandro Pecorella su richiesta del pm Antonello Gustapane ed eseguito dagli agenti della Digos di Bologna e Lucca. Assieme al divieto di avvicinamento alle parti offese a carico di una ex dipendente. Negozi, librerie, attività di ristorazione, parrucchieri, cooperative di servizi, una decina gli episodi finiti sotto la lente dall’anno scorso fino all’inizio di questo. In qualche caso i commercianti hanno denunciato, come nei due più eclatanti di luglio scorso al Nails cafè di via Goito, nel quale viene contestato agli appartenenti al collettivo di essere arrivati all’aggressione fisica, spintonando il compagno della titolare con cui erano venuti a contatto, procurandogli un trauma con prognosi di 7 giorni. Altri 2 erano stati dati alla stessa titolare per una crisi di panico. L’uomo è anche proprietario di Nove hair, salone di parrucchiere accanto all’altro esercizio commerciale e oggetto di un’altra azione effettuata dalle maschere bianche a novembre. «Caccia i soldi» urlavano, promettendo di tornare per altre azioni mentre il commerciante avvertiva la polizia. Nella concitazione veniva spintonato anche un poliziotto in divisa.
I destinatari dei provvedimenti hanno dai 24 ai 37 anni, alcuni riconosciuti dagli investigatori grazie alle immagini delle telecamere, ricostruendo i loro movimenti prima di mascherarsi. Accuse che vanno dalla tentata estorsione a lesioni personali e violenza privata, dalla diffamazione all’imbrattamento, disturbo delle occupazioni pluriaggravati in concorso, fino all’utilizzo di mezzi atti a rendere difficoltoso il riconoscimento. «La qualificazione giuridica dei fatti mi sembra sovradimensionata, e la tipologia di misura scelta è contestabile trattandosi di gente che vive e lavora a Bologna» dice Ugo Funghi, legale degli antagonisti che ricorrerà al Riesame.
Hobo ieri ha convocato una conferenza stampa denunciando che «le maschere bianche sono sotto attacco. Non ci fermerete». «Chiudere Hobo e altri collettivi i cui componenti si sono resi responsabili di atti gravi» è invece quello che chiede in un’interrogazione la senatrice leghista Lucia Borgonzoni al Ministro dell’Interno, Lamorgese.