Filo a compasso intorno alle sedie Il distanziamento diventa creativo
Una matita, un gessetto e un metro di spago. Come gestire il distanziamento sociale all’aperto a costo zero. Si chiama «CampanavsCorona» il metodo ideato dallo studio Miro Architetti per disegnare sulla pavimentazione gli spazi di sicurezza nelle aree all’aperto per la ristorazione, e non solo: basta mettere una matita al centro di ogni seduta (e non del tavolo!), legarci il filo di spago della lunghezza «da protocollo», quindi tenderlo e farlo ruotare fino a formare un cerchio a terra segnato col gessetto. In questo modo si creeranno tanti spazi protetti per ogni cliente, ancor più che per ogni tavolo, e per il personale che si muoverà nei corridoi di sicurezza. Il disegno aiuterà a una sosta corretta e faciliterà i controlli ai gestori e ai vigili.
L’idea, nata pensando al gioco per bambini e proposta all’amministrazione che ora ne sta valutando l’eventuale adozione, eviterebbe anche la produzione di ulteriori manufatti che finita l’emergenza finiranno fra i rifiuti. L’upgrade prevede per il disegno della segnaletica il coinvolgi
mento della comunità artistica, dagli street artist ai madonnari. Come già avviene all’estero. «Tatuaggi temporanei sulla pelle delle strade che finita l’emergenza spariranno». Non semplici righe, ma qualcosa di creativo e colorato che renda meno cupa la città e che riattivi il mondo dell’arte. «I gestori non dovrebbero accollarsi un’ulteriore spesa, pensiamo che il Comune possa indire un bando e offrire un bonus ai gestori interessati», spiegano gli ideatori. Possibili anche operazioni coordinate in zone caratterizzate come il Pratello o il Mercato delle Erbe. Un metodo applicabile per ogni altra attività all’aria aperta, dagli spettacoli ai negozi che, come in Riviera d’estate, vogliano esporre la loro merce all’esterno, o per consentire ai clienti una corretta attesa. Un principio, quello di non produrre oggetti
fisici per il distanziamento, che Giacomo Minelli, Riccardo Pedrazzoli e Valentina Cicognani avevano utilizzato lanciando il drive in al Parco Nord: «Una risposta alle soluzioni prospettate per una visione in piazza Maggiore con inutili suppellettili. Ma qualcosa di isolante ce l’avevamo già, l’auto». In teoria giusto, ma senza sostenibilità ambientale né confort (chiusi per due ore in un abitacolo in piena estate). «Era anche per dire “possiamo fare le cose di prima” in un momento di buio. Sviluppando l’idea e visto il putiferio sollevato, meglio usare mezzi sostenibili come la bici». Dalle auto al gessetto, un passo breve ma significativo. «A star dentro le righe si impara da bambini, non servono barriere, basta guardare a terra».