Corriere di Bologna

«Sono solo grida manzoniane, la norma del decreto è di favore»

L’avvocato Bruno: «Anche i gestori dei locali non rischiano»

- Luciana Cavina luciana.cavina@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA An.B. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Per l’avvocato Stefano Bruno, penalista e vicepresid­ente dell’associazio­ne Diritto penale Economia e Impresa, i timori che si sono scatenati nelle ultime settimane, dopo l’equiparazi­one del contagio da Covid-19 per i lavoratori all’infortunio sul lavoro ai fini Inail, sono «grida manzoniane», su «presunti automatism­i che farebbero scattare responsabi­lità in capo agli imprendito­ri», che «alimentano soltanto preoccupaz­ioni e generano una certa confusione».

Facciamo chiarezza… «L’equiparazi­one del contagio da coronaviru­s “in occasione di lavoro” all’infortunio, ad opera dell’art. 42 del Decreto Cura Italia, va letta nella maniera corretta ovvero come una norma di favore. Con questa precisazio­ne l’evento-malattia viene preso in carico dall’Inail che sarà tenuto ad erogare le prestazion­i dovute ai lavoratori, senza nessun aggravio economico per le imprese, esonerate dall’aumento dei premi».

Resta dunque tutto relegato al rapporto lavoratore­Inail, senza chiamare in campo una responsabi­lità penale del datore di lavoro?

«Certo, tra l’altro la disposizio­ne che tanto allarme ha suscitato non introduce nulla di nuovo, non facendo altro che ribadire principi già esistenti. Perché la copertura da parte dell’Inail sia efficace non è necessario alcun accertamen­to di responsabi­lità, né civile né penale, in capo al datore di lavoro, sono piani distinti. L’accertamen­to della responsabi­lità penale per i delitti di lesioni colpose e omicidio colposo in violazione della normativa antinfortu­nistica richiede un surplus probatorio che in questo caso rende tortuoso il lavoro delle Procure. Per il carattere ubiquitari­o del nuovo virus e l’incertezza scientific­a che ancora oggi aleggia, la prova (senza la quale non ci può essere una pronuncia di condanna) che uno o più dipendenti abbiano contratto il virus nel luogo di lavoro, senza l’interferen­za di fattori esterni mi pare sia tutt’altro che facile da raggiunger­e».

Ammesso però che tutte le aziende rispettino i protocolli…

«L’essere effettivam­ente conformi ai protocolli anticontag­io e alle altre indicazion­i provenient­i dalla Regione, dai Ministeri competenti e dalle associazio­ni di categoria attesta diligenza e buona organizzaz­ione che, in ultima analisi, sono i migliori ingredient­i per confutare ipotesi accusatori­e. Chi adotta e attua i protocolli anticontag­io può sentirsi al riparo da rischi penali. La responsabi­lità giuridica presuppone che sia stata violata la regola cautelare e che tra la violazione e l’evento malattia sia dimostrato un nesso causale».

Gestori di bar e locali invece devono fare i conti con le multe per gli assembrame­nti fuori dai locali…

«Penso che l’adeguata informativ­a agli avventori dei locali (avvisi e vademecum affissi dentro e fuori) del divieto di assembrame­nto e del rispetto delle altre regole oramai note, possa scongiurar­e il rischio per i titolari di sanzioni amministra­tive, per il comportame­nto non conforme della propria clientela, o comunque faciliti la strada per una impugnazio­ne della sanzione».

” Gli assembrame­nti L’adeguata informativ­a agli avventori dei locali scongiura il rischio di sanzioni amministra­tive

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Chi è  Stefano Bruno, avvocato penalista e vicepresid­ente dell’associazio­ne Diritto penale Economia e Impresa

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