GLI ANZIANI E IL SALTO NECESSARIO
La vignetta sulla prima pagina del Corriere del 6 maggio aveva come titolo «Molti contagi nelle Rsa e pochi nelle carceri». Giannelli esprime meglio di un editoriale la triste sorte delle persone over 65 anni in questi giorni di pandemia. Disegna due vecchietti nel giardino della Residenza sanitaria assistita (Rsa) che, alla vista dell’arrivo dei carabinieri, commentano, il primo: «Sono arrivati i carabinieri»; il secondo: «Speriamo che ci arrestino». Non è una vignetta, ma la fotografia di una triste e diffusa realtà. L’ex commissario per l’emergenza sanitaria della Regione Emilia-Romagna Sergio Venturi ha sentito il dovere, prima di lasciare l’incarico, di segnalare che sono troppi i morti nelle Case protette e nelle Rsa. Si è detto convinto della necessità di dover ripensare l’intero sistema di assistenza della terza e quarta età.
Su un totale regionale di 3.737 decessi (dati all’11 maggio), ben 3.214 riguardano le persone con oltre 70 anni di età, buona parte proveniente dalle strutture pubbliche e private di ospitalità. Venturi, con la sua apprezzata competenza ed esperienza, ha voluto segnalare la necessità di superare l’attuale modello d’assistenza, centralizzato e istituzionalizzante.
Edi passare da macro istituzioni di ricovero a un’assistenza sociale che riconosca la casa e il domicilio come sede vitale per gli anziani, che avanzano negli anni e vorrebbero restare nel loro ambiente familiare. Su questa drammatica e nascosta realtà, il primo a richiamare l’intervento dei politici e degli amministratori locali è stato il cardinale Matteo Maria Zuppi. Con parole accorate ha supplicato di non lasciare passare invano tutto questo lutto. E di correggere i buchi neri dove precipitano gli ultimi e i fragili, in una società legata all’uso e getta e poco sensibile alle sofferenze delle persone sole e di quelle prive di risorse. Questa piaga sociale obbliga chi governa a mettersi da subito all’opera per evitare che le Case protette o le Rsa divengano di fatto dei lazzaretti. Si deve ricollocare al centro del sistema di assistenza la persona con la sua insopprimibile dignità e la sua inviolabile umanità.
A livello regionale occorre chiedersi: come è stata applicata la legge istitutiva delle Aziende di servizio alla persona, alla famiglia e alla comunità (Asp)?; come sono stati attuati i criteri di qualità per l’accreditamento delle strutture di ospitalità o di ricovero degli anziani?
A livello della Città metropolitana di Bologna, occorre chiedersi: l’Asp, pur rispondendo alla programmazione dell’amministrazione, ha una sua autonomia organizzativa e gestionale? A quando il passaggio da strutture centralizzate a servizi territoriali?
Le troppe morti impongono un salto nella politica sociale: urge costruire nei quartieri una comunità ospitante, con abitazioni idonee e tecnologicamente attrezzate che permettano all’anziano di sentirsi tutelato nella propria casa e assistito nella salute da una rete di servizi integrati.