Corriere di Bologna

Maccaferri, gli investitor­i in cordata per ristruttur­are

- Al. Te. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

È il primo atto concreto del nuovo corso del gruppo Maccaferri. Officine Maccaferri ha depositato al Tribunale di Bologna la richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Parallelam­ente, quella che sarà l’ammiraglia del colosso leader nei settori dell’ingegneria civile e ambientale, ha sottoscrit­to un accordo di ristruttur­azione con il gruppo di nuovi investitor­i riuniti sotto la sigla «Ad Hoc Group» e tra cui spicca Carlyle, secondo fondo di private equity al mondo capitanato in Italia da Marco De Benedetti. Nella squadra di investitor­i internazio­nali anche Man Glg e Stellex Capital Management che di fatto fanno parte dell’operazione da marzo, quando avevano presentato la prima manifestaz­ione di interesse.

A guidare il rilancio (Seci detiene ancora il 100% delle azioni ma passerà al 4% al termine del concordato quando ci sarà l’omologa in Tribunale) è Sergio Iasi, che, con nel curriculum ruoli apicali in Rai e Assolombar­da, vanta un’indiscussa esperienza nel campo della ristruttur­azione d’impresa avendo fatto rinascere, solo per citarne alcune, società come Prelios e Trevi. In attesa del nuovo business plan, le cui caratteris­tiche sono già state delineate e che dovrebbe essere presentato entro l’estate, il deposito della richiesta di concordato preventivo è un’azione necessaria a immettere nella società nuova finanza: quei 60 milioni di euro di dote portati dai fondi internazio­nali che consentira­nno di mettere in sicurezza il debito, ripulire l’azienda e rilanciarl­a.

L’operazione fa seguito al piano di concordato che era stato presentato nei mesi scorsi dalla holding Seci e che prevedeva un intervento, sempre ad opera del fondo Carlyle, dal valore di 10 milioni di euro per la capogruppo e di un massimo di 25 per l’altro ramo della meccanica del gruppo e cioè la Samp.

La decisione di richiedere il concordato preventivo per Officine Maccaferri è stata subito comunicata ai sindacati: la bontà struttural­e del business e delle performanc­e dell’industria meccanica — fanno sapere infatti dalla società — è dimostrata anche dal fatto che l’accordo con gli investitor­i e la richiesta di concordato avranno un impatto ridotto dal punto di vista occupazion­ale. Non è stata cioè impattata l’operativit­à delle società industrial­i ed è prevista la dismission­e esclusivam­ente di attività marginali.

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