MORTI NELLE RSA, FAMIGLIARI IN RETE PER CHIEDERE I DANNI
Una rete regionale supporterà la battaglia legale «utile anche per il futuro»
I comitati di familiari nati a livello provinciale si sono uniti E supportati da Usb lottano per far luce sulle responsabilità e sui decessi dei loro cari: «Si è trattato di una strage»
Non si ferma la battaglia dei familiari delle vittime nella case anziani dell’Emilia-Romagna per far luce e ottenere giustizia in merito a quanto è accaduto nelle Rsa durante l’epidemia di Covid. I comitati dei familiari nati a livello provinciale si sono uniti in una rete regionale e insieme al sindacato di base Usb hanno avviato un procedimento legale, partito con i numerosi esposti presentati dall’inizio dell’emergenza sanitaria nei confronti di strutture sparse lungo la via Emilia: da Piacenza a Parma, poi Modena e Bologna. «Andremo a individuare le responsabilità e a chiedere un risarcimento in denaro», ha spiegato l’avvocato Gianni Casale, durante una conferenza stampa in diretta Facebook convocata da Usb. La Procura ha aperto diversi fascicoli e sta indagando.
La partita, che dovrebbe coinvolgere nella stessa squadra familiari e operatori «in un fronte comune», si giocherà sul recente passato dell’emergenza e non solo: «Il virus — per Casale — ha scoperto il vaso di pandora, non deve rimanere una battaglia fine a se stessa, ma deve servire anche per il futuro».
I conti non tornano, secondo Francesca Sanfelice, portavoce del comitato di Modena. «Molti anziani sono morti prima che potessero fare il tampone e i test sono stati negati anche dopo il decesso», racconta. E «i dati dei decessi sono parziali». Sanfelice parla anche di «scarsa igiene» e di «malnutrizione» nelle strutture e di una «coltre di omertà» anche da parte delle istituzioni che avrebbero fornito «informazioni parziali e capziose per minimizzare questa strage di anziani».
Non è migliore il quadro tratteggiato da Virna Brindisi, portavoce del comitato bolognese: «I dispositivi di protezione sono arrivati troppo tardi, c’era commistione tra ospiti positivi e non, e una totale mancanza di trasparenza verso i familiari». Sotto le Due Torri «ci sono stati focolai in tutte le Rsa dell’Asp» fa presente Brindisi durante il suo intervento.
«Nella cra di via Roma il primo caso positivo è del 6 marzo, ma i primi tamponi sono stati fatti il 20 e la struttura è diventata zona rossa il 24 marzo — denuncia — Nella struttura Saliceto il primo caso è di fine marzo, ma la zona rossa è stata istituita a metà aprile». Le prime segnalazioni come Usb sono state inviate l’11 marzo ad Asp, Ausl, al sindaco e al prefetto, ne sono seguite altre il 15 e 17 marzo e il 6 e l’11 aprile, anche a Regione e Nas. «L’Asp non aveva procedure uniformi per evitare i contagi — continua l’operatrice — le strutture improvvisavano». Anche per questo, il comitato chiede «una commissione esterna all’Ausl che entri nelle Cra per verificare le condizioni degli ospiti e le procedure attuate durante l’emergenza». Secondo Usb «ci sono responsabilità dei dirigenti delle strutture — afferma Maria Teresa Chiarello — ma anche responsabilità politiche di Regione e Ausl che avrebbero dovuto vigilare e tutelare la salute degli ospiti».