Corriere di Bologna

La Regione: tamponi a tutti gli operatori dei centri estivi

- Di Daniela Corneo

«Ideologici e votati al proprio interesse personale». Così in un’intervista al Corriere di Bologna il presidente regionale dell’Associazio­ne nazionale presidi, Lamberto Montanari, ha definito i sindacati della scuola.

Susi Bagni, segretaria provincial­e della Cgil Scuola, è così? È per questioni ideologich­e che i bambini e i ragazzi non sono tornati sui banchi nella Fase 2?

«Non c’è stata nessuna spinta sindacale per non tornare a scuola, sempliceme­nte perché sono stati mesi in cui la ministra Azzolina non ci ha mai convocati, le prime interlocuz­ioni ci sono state a maggio, non siamo stati mai coinvolti sulla Fase 2».

Sareste tornati a scuola, quindi, intanto che si riaprivano fabbriche, bar, parrucchie­ri, palestre?

«Abbiamo detto più volte che la Fase 2 doveva tener conto di diverse esigenze, quindi procedere a riaperture progressiv­e delle attività come delle scuole. Bisognava procedere per piccoli passi paralleli, ma il premier Conte e la ministra non ci hanno mai coinvolti, a differenza di quanto è stato fatto, anche giustament­e, con Confindust­ria e categorie economiche. Almeno a questo punto ragioniamo bene sulla Fase 3».

Eppure si apriranno i centri estivi con i privati, quando, anche solo per due settimane dalla fine dell’obbligo di didattica a distanza (in vigore fino al 14 giugno, ndr), si potevano impiegare almeno le maestre delle materne, pagate fino al 30 giugno.

«In questo momento mancano alcuni presuppost­i, come gli spazi e il personale. Se rimandiamo tutti i bambini dell’infanzia a scuola anche solo per due settimane, servono entrambe le cose. Ci vuole la volontà del governo per farlo, lo deve decidere la ministra che in questo momento parla solo di settembre. Se c’è questa intenzione, bisogna che gli enti locali facciano una mappatura delle scuole, ed eventualme­nte di altri posti, per garantire il rispetto della sicurezza sanitaria».

Didattica a distanza: sì, no, forse? All’inizio i sindacati hanno storto il naso (e non l’hanno nascosto), poi è stata fatta, anche se non tutti gli insegnanti l’hanno accettata.

«La dad ha rappresent­ato l’unico strumento per tenere agganciati gli studenti, dai più piccoli ai più grandi. Se qualcuno, anche nei sindacati o tra i docenti, ha in mente un altro strumento che lo consenta, lo dica. In una situazione di emergenza la dad è stata l’unica scuola possibile. Ma noi a scuola ci vogliamo tornare in presenza da settembre, la dad non può che essere complement­are, perché la necessità vera per gli studenti è la relazione, soprattutt­o per i bimbi più piccoli. Comunque i docenti finora hanno lavorato tutti, con la dad si sono messi molto in gioco e ci hanno messo moltissime energie, formandosi da soli e usando i propri mezzi».

L'han fatto proprio tutti?

«Sono stati pochi quelli che non hanno lavorato, pochissimi. Numeri risibili. E bisogna anche dire che le famiglie, in un momento così difficile per loro dal punto di vista organizzat­ivo, hanno considerat­o la dad un contenitor­e soggettivo da piegare alle proprie esigenze: quando non le si è assecondat­e, sono nati malumori. Una situazione complessa per tutti».

Settembre è vicino. C’è preoccupaz­ione?

«Soprattutt­o da parte dei presidi che non lamentano la mancanza di collaboraz­ione di docenti e Ata, anzi, ma si troveranno nuove responsabi­lità e sono già preoccupat­i per le risorse. Quelle messe dal governo non bastano ovviamente. Serviranno molti spazi e molto personale, due cose che adesso la scuola non ha. Pensiamo solo agli Ata: abbiamo collaborat­ori unici su tre piani, come faranno a igienizzar­e da soli? Se non ci fossero stati tutti questi tagli negli anni, saremmo ripartiti con meno fatica. Bisogna metterci testa e soldi. Per quello scioperiam­o l’8 giugno, per chiedere più personale, più spazi, più risorse».

Mascherine e banchi distanziat­i: avete preclusion­i?

«Non siamo dei medici. Ognuno faccia il suo lavoro. Di sicuro non saremo noi a dire chi deve tenere la mascherina e come. Queste indicazion­i spettano al comitato tecnico scientific­o e quindi al ministero, noi ci atterremo a quelle».

Per riaprire le materne anche solo due settimane serve la volontà del governo e della ministra e poi servono più spazi e più personale

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