L’exploit di Alce Nero Vendite salite del 47%
L’ad Monti: si sta riscoprendo il valore del cibo e dell’agricoltura
L’emergenza coronavirus ha fatto riscoprire alle famiglie il valore del cibo e dei prodotti biologici. Una riscoperta che ha fatto bene ad Alce Nero, il gruppo leader nella produzione di alimenti biologici premium che proprio in questi giorni sta ultimando i lavori di ampliamento della nuova sede di Castel San Pietro Terme. Il lungo lockdown ha spinto non solo le vendite della grande distribuzione, con un aumento tra marzo e aprile del 14%, ma dell’intero settore «bio»; comparto all’interno del quale Alce Nero – conferma l’amministratore delegato Massimo Monti – «ha praticamente raddoppiato il proprio fatturato e decuplicato le vendite sul canale ecommerce».
Monti, Alce Nero come sta vivendo questa emergenza sanitaria?
«In una fase molto tragica per il Paese, ci possiamo ritenere molto fortunati. Innanzitutto, perché le nostre persone stanno bene; poi perché la permanenza forzata in casa delle famiglie, nostro target principale, ci ha premiato. A marzo e aprile la vendita dei nostri prodotti a marchio è salita del 39% in Italia e del 47% considerando anche il mercato estero. Se lo scorso anno avevamo fatturato 8 milioni di euro, quest’anno siamo arrivati a oltre 12 milioni».
Quali sono stati i prodotti più richiesti?
«I cosiddetti prodotti “dispensa” o “rifugio”, di cui la famiglie hanno fatto stock. Il fatto che si mangiasse tutti a casa tre volte al giorno e la paura, ingiustificata ma percepita, che il cibo potesse venire a mancare ha fatto la differenza. Abbiamo venduto soprattutto passata di pomodoro, olio, farine, legumi lessati, zucchero di canna, pasta e riso, ma anche miele e caffè».
Avete venduto anche online?
«L’e-commerce ha avuto un vero e proprio boom. Se prima contavamo al massimo 30 ordini al giorno, durante il lockdown abbiamo raccolto anche 100 ordini all’ora tanto che abbiamo dovuto contingentare i giorni di prenotazione dal sito, bloccandolo al raggiungimento di un certo numero di ordini. Solo così facendo siamo riusciti a mantenere rapidi i tempi di consegna».
Avete mai avuto paura di terminare le scorte?
«No, non era possibile. I nostri fornitori, agricoltori e trasformatori con noi dagli anni 70, sono per il 90% anche nostri soci: i magazzini sono sempre stati pieni. Certo, tutta l’azienda ha dovuto ripensare l’ organizzazione».
Qualche esempio?
«Da subito il 100% degli amministrativi è stato messo in smart working mentre i 30 magazzinieri che hanno sempre lavorato in sede sono stati suddivisi in due gruppi su una superficie di 14mila metri quadrati».
Alce Nero non si è mai fermata. Sono previsti premi per i lavoratori?
«Abbiamo previsto 500 euro di aumento netto a marzo e aprile per i magazzinieri mentre gli impiegati hanno potuto fare largo uso della flessibilità recuperando le ferie pregresse. Stiamo pensando di proseguire lo smart working fino e settembre e la sua applicazione, magari per una o due giornate alla settimana, anche finita l’emergenza. La produttività è aumentata e i lavoratori vanno premiati per la loro responsabilità».
Cosa avete imparato da questa emergenza?
«L’emergenza ci ha fatto riscoprire il valore del cibo e dell’agricoltura. Ci impegneremo a garantire ancora più qualità e tracciabilità della filiera. Puntiamo sulla difesa dell’ambiente e della territorialità del cibo. Non possiamo ancora entrare nelle scuole, ma un domani chissà».