Dall’Ira a Bologna, «A Belfast boy»
«Non importa quanto fuggi lontano, il passato ha sempre una forza di attrazione maggiore» scrive Michael Phillips, 45enne nordirlandese che vive a Bologna da 16 anni, prima che nelle pagine della sua autobiografia scorrano le fotografie con alcuni dei momenti più importanti della sua vita. E si chiude così il capitolo che precede il racconto del drammatico arresto all’aeroporto di Londra-Gatwick il 24 settembre 1996 e dei 15 mesi di reclusione in un carcere di massima sicurezza inglese vissuti dopo.
All’epoca era un 21enne che aveva da poco ottenuto una laurea in ingegneria aeronautica ma era anche un membro dell’Ira, l’organizzazione paramilitare schierata contro il governo britannico per ottenere l’unificazione della repubblica irlandese: insieme ad amici e colleghi di lavoro venne accusato di terrorismo in quanto sospettato di stare organizzando un attentato nella capitale inglese. Le prove della sua colpevolezza non ressero e Phillips tornò in libertà. Ed eccolo oggi sotto le Due Torri, nella città che chiama «casa mia» dove ha accompagnato il boom turistico bolognese con le sue guide in inglese e ha fondato «One World» un’associazione per l’integrazione degli stranieri. «Ho girato il mondo per poi mettere radici qui — racconta il nordirlandese —, quando sono arrivato stavo vivendo un momento personale particolare e Bologna mi ha dato stabilità».
Dopo tanto tempo però ha deciso di fare i conti con quel passato che lo risucchia come un vortice: la rivelazione di un segreto avvenuta già nel 2017 con un’intervista al Corriere della Sera nella quale svelava la sua appartenenza all’Irish Republican Army. Da lì, dalla reazione che ebbe sua madre nel leggere l’articolo e nel dispiacere per vederlo associato alle parole «ex terrorista» inizia A Belfast boy–Dai Troubles nell’Irlanda del Nord alla nuova vita in Italia. La mia storia tra i fuochi dell’Ira e il carcere (casa editrice è la faentina Homeless Book) che oltre a essere una resa dei conti del 45enne con se stesso rappresenta una riflessione sulla violenza, le incomprensioni e le gioie familiari, l’odio, il terrorismo ma anche la Brexit e suoi riflessi sulla questione nordirlandese: secondo Phillips l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea «rischia di riaccendere i rancori e tutte le questioni rimaste aperte, perché ritrovarsi di nuovo una frontiera al confine rappresenterà un gigantesco passo indietro, infatti tanti gruppi si stanno già muovendo per sfruttare l’occasione».
Ma per certi versi a colpire sono soprattutto aneddoti ed episodi raccontati nella prima parte del libro, che copre più della metà delle 248 pagine. «Volevo fare capire la mia infanzia e la mia adolescenza — spiega Phillips —. Quel clima di odio, intolleranza e disagio sociale che si viveva a Belfast negli anni dei Troubles, il conflitto nordirlandese». La morte del padre quando aveva solo 10 anni e il mancato rapporto con lui; le avventure in compagnia di fratelli e sorelle con toni a volte comici che si mischiano a spaccati di tristezza e quella rivendicazione di «non essermi mai sentito un terrorista ma piuttosto un prigioniero politico, perché pur avendo cambiato il modo di agire e alcune idee resto convinto di quella battaglia, che però oggi dovremmo accompagnare a un messaggio di apertura verso l’esterno e l’Europa».
” Bilanci L’uscita dall’Europa del Regno Unito rischia di riaccendere rancori e nodi non sciolti