Rapinatori in trasferta, sette arresti
Provenivano dalla Campania, il bottino della banda superiore ai 300mila euro
Almeno tre colpi in banca per un bottino di trecento mila euro e sette persone sono finite in manette: si tratta di rapinatori «in trasferta», tutti napoletani e indagati per assalti ad istituti di credito sul territorio di Bologna, Piacenza e Padova. La banda è stata sgominata dalla polizia di Bologna: l’indagine della squadra mobile è partita dopo un colpo compiuto nel maggio del 2019 all’agenzia Banco Desio in via della Ferriera.
Erano riusciti a portarsi a casa più di 300mila euro in soli cinque mesi. Soldi tutto sommato «facili»: il bottino di tre distinte rapine messe a segno a Bologna, Piacenza e Padova da una batteria di rapinatori napoletani, in trasferta dalla Campania. All’alba di ieri la Squadra mobile di Bologna ha arrestato, su esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Maria Oggioni, sette persone, di cui una sola ha avuto i domiciliari, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla rapina e sequestro di persona.
L’indagine, coordinata dal pm Stefano Dambruoso, è partita dal colpo portato a segno il 10 maggio dell’anno scorso al Banco Desio di via delle Ferriere, in zona Santa Viola, a Bologna. Quel pomeriggio Michele Mocerino, 74enne, Biagio Reca, 67enne, Pasquale Mancini (61 anni) insieme a Giovanni Catone, 34enne, tutti napoletani, rapinano la filiale dopo che Catone, unico incensurato del gruppo, con il ruolo di «apriporta», si è introdotto prima degli altri fingendosi un cliente e ha immobilizzato una cassiera e la direttrice della filiale. Il trucco è sempre lo stesso: prima entra uno a volto coperto, poi tutti gli altri, attendono 30-40 minuti che si apra la cassa automatica e poi scappano via.
Al Banco Desio hanno rinchiuso in una stanza 13 persone tra dipendenti e clienti della banca e hanno portato via un bottino di 66mila euro. Gli ostaggi hanno raccontato agli inquirenti di aver sentito parlare i rapinatori con accento napoletano e qualcuno aveva visto Catone ricevere una telefonata sul cellulare durante il colpo. Da una certosina analisi dei numeri telefonici che avevano agganciato le celle vicine alla banca quel pomeriggio, i poliziotti della Squadra mobile coordinati dal dirigente Luca Armeni hanno isolato due utenze intestate a prestanome e localizzate in Campania e quella telefonata di 0 secondi inviata da un’utenza intestata a Raffaele Mocerino, 47enne napoletano residente a Parma.
È partita quindi un’intensa attività tecnica che ha permesso agli inquirenti di ricostruire che i Mocerino, padre e figlio, fornivano appoggio logistico ai complici in trasferta ospitandoli nella loro casa di Parma prima e dopo le rapine. I due si occupavano anche di fare i sopralluoghi alle filiali per trovare quelle senza vigilanti e più defilate. Un mese dopo il Banco Desio, Raffele Mocerino, Mancini e Reca rapinano la Banca di Piacenza di Cadeo portando via 90mila euro e rinchiudendo dieci ostaggi in una saletta. I malviventi non mostravano mai armi: gli unici accorgimenti erano il travisamento del volto e la colla sui polpastrelli per non lasciare impronte. Finito il colpo, si rifugiavano a Parma e poi tornavano a Napoli.
Dalle utenze di Mocerino a Catone gli inquirenti sono arrivati a Biagio Reca, pluripregiudicato per rapine e furti e collegato al clan Sperandeo di Benevento. Lui, il 25 settembre, svaligia una filiale del Monte dei Paschi di Siena a Padova insieme ad altri due complici Gennaro Ambrosio (57enne) e Luigi Rusciano (36enne). Un colpo che frutta 166mila euro con 17 clienti in ostaggio, anche se mai viene usata violenza. La polizia li ha già sotto intercettazione ambientale e anche qui è una telefonata a incastrarli: Ambrosio dice alla moglie «Sono a Padova» ma gli inquirenti non sanno quale banca colpiranno. A novembre, però, quando Ambrosio, Reca e Mancini tentano un’altra rapina a Comacchio vengono arrestati in flagranza dai carabinieri. Tutti i sei componenti si trovano ora in carcere, solo Michele Mocerino è ai domiciliari per gravi problemi di salute. Dalle intercettazioni la Squadra mobile ha raccolto elementi che fanno sospettare che la banda abbia commesso altre rapine in Emilia-Romagna e Veneto.