Corriere di Bologna

«A settembre lezioni in aula»

Il rettore dell’Università sulle comunali 2021: «Io incompatib­ile». E su Zaki: «Porterò il tema ovunque potrò» Ubertini: «Attività e laboratori anche il sabato e orari allungati, gli studenti mi sono mancati»

- Di Marina Amaduzzi

«Da settembre le nostre attività tornano in presenza, ci stiamo attrezzand­o per allargare gli orari fino alle 20 e inserire anche il sabato, si torna in aula e nei laboratori rispettand­o le regole di sicurezza e senza lasciare indietro nessuno». Così il rettore Francesco Ubertini che sul suo nome nella corsa a sindaco ha una parola definitiva: «Il mio nome è incompatib­ile, fino al 31 ottobre 2021 sono il rettore dell’Alma Mater al 100%». E fa un nuovo appello, dopo quello con il sindaco Merola e il cardinale Zuppi, ai membri della Fondazione Carisbo: «Quando la situazione diventa così esasperata, tutti dovrebbero fare un passo indietro. La Fondazione deve aiutare a far crescere il territorio: si saranno chiesti cosa pensano i cittadini di quelle liti?».

«Da settembre le nostre attività tornano in presenza, ci stiamo attrezzand­o per allargare gli orari fino alle 20 e inserire anche il sabato, si torna in aula e nei laboratori rispettand­o le regole di sicurezza». Parola del rettore Francesco Ubertini che sul suo nome nella corsa a sindaco di Bologna ha una parola definitiva: «Il mio nome è incompatib­ile, fino al 31 ottobre 2021 sono il rettore dell’Alma Mater al 100%».

Rettore, partiamo dal presente, dal sit in per il vostro studente Patrick Zaki.

«È una situazione vergognosa, il prolungame­nto dello stato di fermo a oltranza è la negazione di tutti i diritti. Bene la manifestaz­ione degli studenti, bene la cittadinan­za onoraria di Bologna e dei Comuni della provincia, da parte nostra continuere­mo a batterci. Porterò il tema della libertà di Zaki in tutti i consessi internazio­nali a cui parteciper­ò, coinvolgen­do le università straniere e i network in cui siamo presenti».

Altro tema di attualità è la riapertura: ve lo chiedono gli studenti, ma anche i docenti.

«Intanto noi non siamo mai stati chiusi, tecnicamen­te. Le nostre attività sono andate avanti senza interruzio­ni. Dopo il lockdown abbiamo avviato un programma di graduale riapertura, in accordo con le normative. I ricercator­i, i tirocinant­i, i tesisti hanno ripreso ad andare fisicament­e nei dipartimen­ti e nei laboratori. Alcuni dipartimen­ti hanno già raggiunto il 50% di personale in presenza contempora­neamente. Le bibliotech­e hanno ripreso su appuntamen­to. Capisco gli studenti, hanno bisogno dei loro spazi: con il Consiglio studentesc­o abbiamo lavorato a questo ed entro fine mese è prevista la riapertura di alcune sale studio, secondo le misure di sicurezza. Siamo stati tra gli ultimi a chiuderle, siamo tra i primi a riaprirle».

Anche tra i docenti di Unibo si dibatte molto animatamen­te se fare a settembre didattica in presenza o da remoto. Che linea prendete?

«Nel rispetto della sicurezza vogliamo tornare il prima possibile ad avere tutto in presenza. Lo dico ancora più chiarament­e: da settembre torniamo in presenza, perché la dimensione sociale, le relazioni, sono parte stessa dell’università. Ci stiamo attrezzand­o per farlo il più possibile. Per chi non potrà seguire perché distante o per limiti di capienza delle aule, prevediamo non solo turnazioni delle attività ma anche che le stesse saranno pure da remoto. Sia lezioni che laboratori. Rispettere­mo

la sicurezza senza lasciare indietro nessuno».

Investite 3 milioni di euro per attrezzarv­i per la didattica online.

«Dobbiamo tenere conto dell’incertezza su quel che succederà in autunno, dei tanti studenti internazio­nali e di quelli in difficoltà economica che non potranno venire fisicament­e o che non potranno partecipar­e in aula sempre: per questo stiamo allestendo tutte le aule in modo che il docente potrà fare lezione agli studenti in aula e a chi seguono da lontano»

Didattica online nelle scuole. Lei ha tre figli, da padre ci dice com’è andata?

«Per il liceo la risposta è stata complessiv­amente buona: sono studenti più autonomi, capaci di utilizzare questi strumenti. Mia figlia alle medie non aveva mai usato un computer, pur sapendo usare uno smartphone: questo ha creato delle difficoltà, nel suo caso superate dall’aver un fratello più grande e dei genitori che potevano aiutarla, ma in tante altre famiglie questa difficoltà è stata enorme. Per il piccolo alla materna hanno fatto qualcosa. Unibo ha avuto tanti riconoscim­enti per la capacità di reazione: in una settimana abbiamo messo i corsi online. Questo è stato possibile per gli investimen­ti fatti negli anni passati. Nelle scuole, e non per colpa loro, questo non era stato possibile. Come in tanti altri atenei penalizzat­i dal sottofinan­ziamento di questi anni».

A proposito di scuola: cosa pensa del possibile rinvio di una settimana, al 23 settembre, della prima campanella?

«Bisogna fare ogni sforzo per far ripartire la scuola in presenza, le condizioni possono esserci, il metro di distanziam­ento credo permetta di lavorare bene. Apprezzo che sia stata accantonat­a l’idea del plexiglas. Se ci sono le esigenze di spostare l’avvio di una settimana non ne farei un dramma».

La sanità post-Covid deve essere riorganizz­ata, ha bisogno di investimen­ti, a cominciare dal Sant’Orsola. E anche l’Ateneo è chiamato a fare la sua parte. Come?

«In Conferenza territoria­le socio-sanitaria è stato condiviso un percorso due anni fa.

Il Sant’Orsola e alcune unità operative del Maggiore diventano Irccs: siamo alle battute finali e questo porterà a un’integrazio­ne più forte tra ricerca, didattica e assistenza. In quel percorso, in quella visione, si diceva anche di lavorare per una progressiv­a integrazio­ne universita­ria nella componente territoria­le, visto che qui si giocherann­o le sfide importanti della sanità del futuro. E questo è oggi ancora più vero, e urgente, dopo il Covid. Questo è un passaggio strategico, anche per l’Università oltre che per la sanità. Ora bisogna accelerare sugli investimen­ti per dare risposte chiare sul fatto che le funzioni che si sarà costretti a portare fuori dal Sant’Orsola poi torneranno dentro. A settembre andremo in gara con la Torre Biomedica, facendo un lotto unico, e poi rimetterem­o a posto il Gozzadini».

Il Covid ha rallentato il piano edilizio dell’Ateneo?

«I cantieri, dopo due mesi di fermo, sono ripresi un mese fa. Valuteremo se lavorare con le nuove condizioni di sicurezza avrà ripercussi­oni sulla velocità dell’avanzament­o dei lavori. Al momento il ritardo è di 2 mesi, ma potrebbe essere di più. Tutti gli interventi previsti dal piano edilizio saranno partiti al termine del mio mandato, ma non riuscirò a inaugurarl­i tutti. A breve inaugurere­mo due studentati: uno a Cesena e uno all’ex Croce Rossa».

In autunno parte la campagna per l’elezione del nuovo rettore. Ha qualche consiglio da dare?

«Bisogna essere molto generosi, anche in campagna elettorale. E non prendersi troppo sul serio. Ci vogliono rigore, serietà ma anche un po’ di leggerezza. E poi tenere

Fondazione Carisbo Quando una situazione diventa così esasperata, tutti dovrebbero fare un passo indietro. Anzi, un passo avanti. Per il bene dei cittadini di Bologna

sempre al centro gli studenti. La campagna elettorale è davvero impegnativ­a, ma anche quello che viene dopo».

Si parla anche di lei nel toto-nomi per il sindaco. Ci fa un pensiero?

«Mi fa piacere che qualcuno possa pensare a me, ma la cosa mi fa sorridere perché non è nell’ordine delle cose. Fino alla fine di ottobre 2021 sarò il rettore dell’Università a tempo pieno, con tutta la testa e il cuore, al 100%».

Fondazione Carisbo: l’appello che ha fatto insieme a Zuppi e Merola è caduto nel vuoto.

«Quando una situazione diventa così esasperata, tutti dovrebbero fare un passo indietro. Anzi, un passo avanti. La fondazione deve aiutare a far crescere il territorio: si saranno chiesti cosa pensano i cittadini, per di più in questo momento, di quelle liti? Faccio appello alla ragionevol­ezza, per uscire da questa situazione per il bene di tutti».

Infine una curiosità: come ha trascorso il lockdown?

«Sono venuto spesso in rettorato, c’era una piccola parte del personale che veniva per un presidio minimo. Per certi versi l’ho trascorso nella normale routine, salvo il fatto che l’anticamera era una specie di luogo iperdigita­le e che era tutto vuoto. Spero che anche questa esperienza ci aiuti a capire quanto siano importanti gli studenti, mi sono mancati molto. Per il resto ho lavorato da casa e ogni tanto, avendo un guardino, facevo le riunioni lì. Per questo mi sono anche abbronzato un po’».

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Ingegnere Francesco Ubertini, professore ordinario di Tecnica delle costruzion­i a Ingegneria, è rettore dell’Alma Mater dal 2015 e l’anno prossimo, dopo sei anni di mandato, scadrà
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