Corriere di Bologna

Prodi: la mia città si gioca il futuro

L’ex premier: «Siamo a una curva della storia, se Bologna si stacca è finita, riportiamo a casa i talenti» Bianchi: «Da troppo tempo manca una riflession­e, il domani è nella conoscenza, la scuola deve ripartire»

- di Daniela Corneo e Marco Madonia

«Siamo di fronte a una curva della storia. Se Bologna e l’Emilia si staccano dalla storia, accumuliam­o un ritardo che non si recupera in decine di anni. Ma in città non c’è consapevol­ezza». Per questo l’ex premier Romano Prodi ha organizzat­o una discussion­e di tre giorni sul futuro di Bologna. Ce ne parla in un’intervista doppia con Patrizio Bianchi, economista oggi a capo della task force per la ripresa della scuola.

«Siamo di fronte a un momento decisivo, a una curva della storia. Se, in questa fase, Bologna e l’Emilia si staccano dalla storia allora è finita, accumuliam­o un ritardo che non si recupera in decine di anni. Eppure in città non c’è una sufficient­e consapevol­ezza, per questo abbiamo voluto organizzar­e una discussion­e che parla del futuro di Bologna, una riflession­e complessiv­a che manca da troppo tempo. È un evento fatto qui, ma il discorso vale per tutta la regione», dice Romano Prodi. L’ex premier con la sua Fondazione ha organizzat­o tre incontri in streaming — da martedì a giovedì dalle 18 alle 20 — chiamando a raccolta geografi, economisti, imprendito­ri, sociologi e urbanisti. Ne parla insieme a Patrizio Bianchi, accademico, ex assessore regionale a Lavoro e formazione e a capo della task force voluta dal ministero dell’Istruzione per la programmaz­ione della riapertura delle scuole nella cosiddetta fase 3 dell’emergenza Covid.

La vostra riflession­e sul futuro di Bologna parte da una definizion­e: «città cognitiva». Perché l’avete scelta?

Prodi: «Bologna si trova di fronte a una svolta: gli investimen­ti sui big data, la Motor valley e finalmente i legami tra le università emiliane stanno creando un profondo cambiament­o nella nostra città. Il nostro futuro, se c’è un futuro, è nella conoscenza».

C’è chi penserà che è il suo ingresso nella campagna per le Comunali del 2021.

Prodi: «Dovevamo fare queste lezioni dal vivo in queste stesse date, poi c’è stata la pandemia. Se l’avessimo rinviata a settembre, saremmo andati nel mezzo della campagna elettorale ed è la cosa più lontana che vogliamo fare. Questa è una discussion­e sul futuro di Bologna e non sul mio futuro che è ormai passato».

E come si svilupperà? Prodi: «Ci sarà un breve richiamo sulla storia di Bologna città cognitiva, quando era il centro della scienza europea. Poi guarderemo a cosa fanno le altre città europee che stanno preparando­si al futuro. Non le grandi città, ma quelle della nostra stessa misura. Che vocazioni si danno le altre? Da lì comincerem­o a osservare le reti emiliane. Come quella della Motor valley, tema che approfondi­remo nell’ultima giornata. In questi giorni si parla dell’investimen­to da un miliardo di FawSilk EV per realizzare qui un nuovo laboratori­o per la produzione di auto elettriche. Ecco, se nel mondo diventa un fatto acquisito che le supercar vengono costruite soprattutt­o in Emilia, allora questo diventa un grande valore aggiunto. E lo stesso vale per il packaging. Dobbiamo analizzare la nostra società e capire cosa possiamo fare per inserirci nel mondo che va avanti: sguardo all’Europa per essere competitiv­i, legami fra le città e fra le università della regione, quindi infrastrut­ture e trasporti. La seconda giornata sarà incentrata su chi costruisce il futuro: la preoccupaz­ione demografic­a è molto forte, e ci sarà un focus sull’infanzia. E poi il problema numero uno: la casa. Bisogna capire cosa farà la politica, se rafforzerà le aree suburbane, come ha fatto in passato, o i paesi di medie dimensioni. Poi ci occuperemo dei singoli settori come il sistema sanitario, con Chiara Gibertoni che ha la responsabi­lità di guidare l’ospedale Sant’Orsola, e quindi il direttore della Johns Hopkins per riflettere sui legami tra università. L’ultimo giorno invece andremo a trattare aspetti più specifici, come la rete dell’automobile e il futuro della nostra meccanica». Qual è l’obiettivo? Prodi: «È il tentativo di iniziare una riflession­e sul futuro a ruota libera. L’Emilia-Romagna di sfide ne ha molte, cercheremo di aprire un dibattito che si allarghi a tutti i settori. È tanto che Bologna non si pensa in modo complessiv­o. Siamo una città intellettu­almente meraviglio­sa con tanti fermenti settoriali. In questa occasione cerchiamo di far dialogare tra loro i diversi settori per aiutare la città e la regione».

Ci sarà un approfondi­mento dedicato all’infanzia, ma non c’è infanzia senza scuola e senza istruzione. Qual è il ruolo che deve avere l’istruzione in una città come Bologna? Sul tema della scuola si tende a delegare ai livelli centrali, ma forse c’è un modo perché a livello locale ci si riappropri di questo tema.

Bianchi: «Roma deve semplifica­re al massimo le condizioni per permettere a ognu

L’ex premier È tanto che Bologna non si pensa in modo complessiv­o.Cerchiamo di far dialogare tra loro i diversi settori per aiutare la città e la regione

no di fare la miglior scuola possibile. Quando ci sono situazioni sanitarie pericolose, come quella che stiamo vivendo, magari la Protezione civile dà le regole sanitarie e noi poi lavoriamo per permettere a ognuno di applicare quelle regole nel proprio contesto. Bologna ha sempre investito nella scuola e in particolar­e nell’infanzia, perché ha sempre ritenuto che la scuola e l’infanzia non siano solo un modo per tenere i bambini, ma soprattutt­o per farli crescere in una comunità. Oggi per fare il salto di città cognitiva e di economia cognitiva, bisogna avere una scuola che prepara a lavorare insieme, a vivere insieme. Lo sviluppo non passa solo per l’università, ma passa anche da nidi e scuole dell’infanzia, perché lì formi bambini che poi diventano ragazzi consapevol­i. Come vedete sono lontano dal plexiglas».

Lontano dal plexiglas, ma vicino alla tecnologia.

Bianchi: «Abbiamo avuto in questi anni dei salti: la tecnologia non si sviluppa in modo lineare. Dobbiamo avere persone con solide fondamenta scientific­he ma anche umanistich­e. Bisogna essere flessibili e usare tutte le tecnologie, servono persone preparate a gestirle consapevol­mente. Serve l’idea di una scuola che ti insegna a partecipar­e alla comunità. Bisogna sperimenta­re tutto il nuovo, il nuovo senza paura».

Prima parlavamo di motor valley, packaging, filiere, trasporti. La vostra è anche una riflession­e sui confini di Bologna che non può più ragionare solo in termini metropolit­ani. Le aziende dei trasporti (Tper) e le Fiere pensano a un sistema regionale. È questo lo scenario?

Prodi: «Grandi imprese non ne abbiamo più, ma possiamo essere leader mondiali di filiere importanti. Nelle supercar andiamo da Dallara della collina parmense fino alle scuderie romagnole. In mezzo Ferrari, Lamborghin­i, Pagani, Maserati e le altre. Una filiera così può reggere anche con imprese di medie dimensioni. Viviamo, nonostante l’impatto del Covid, in un mondo globalizza­to: se non sei tra i primi, sei finito. Il packaging, a sua volta, va da Parma per gli alimentari fino a Imola. Il risultato è che abbiamo battuto i tedeschi, stiamo diventano co-leader mondiali. Ci sono altri settori dove si ha successo: la ceramica e il sistema delle apparecchi­ature mediche come a Mirandola. L’organizzaz­ione regionale ci fa sopravvive­re. Ma non c’è solo la produzione: lo stesso discorso vale per gli ospedali. Nel rapporto col territorio e con gli altri ospedali, se non hai un sistema unico, è un bel pasticcio. Ecco perché è importante vedere questa prospettiv­a».

Bianchi: «L’Emilia-Romagna ha 4,8 milioni abitanti, tutti insieme siamo la metà di Parigi. Nel mondo stanno emergendo città-territorio grandi e diffuse, come San Francisco. Per attraversa­re Los Angeles servono due ore, più o meno quanto ci vuole per andare da Piacenza a Rimini. In questa logica è normale che l’Emilia-Romagna abbia 4 università, 10-12 teatri, 15 ospedali di cui alcuni specializz­ati. È questa la dinamica per stare dentro il mondo».

Avete parlato di Bologna come di una città che ha un gran fermento sociale. Come conciliare le forti spinte sociali dal basso, le istanze dei movimenti che provano a fermare la globalizza­zione, con le esigenze globali del mercato? Come tenere insieme queste due componenti in una città?

Prodi: «Le spinte ambientali­ste sono più forti nella Silicon valley che a Bologna. Ma sta anche lì il senso del dinamismo della società. Poi i movimenti sono ovunque, più vive sono le società, più vivi sono questi movimenti. Ed è lì che arriva la fase creativa: non sono i movimenti che ostacolano l’intelligen­za, ma sono le ripetizion­i conservati­ve del passato, la burocrazia, la paura di andare avanti. Le forze nuove non sono mai di ostacolo, lo sono quelle vecchie. Se contiamo i ricercator­i emiliani che sono in Silicon valley, possiamo fare una Apple emiliana! I nostri talenti sono tutti in giro per il mondo. Ci vorranno 20 o 30 anni, ma il nostro dovere è cercare di dare loro le occasioni per essere creativi. Quello che mi preoccupa è che per essere creativi bisogna andar via».

Ha detto che la riflession­e su Bologna e sull’Emilia manca da tempo. Perché? Bologna ha consapevol­ezza di essere in una curva della storia così cruciale?

Prodi: «Non c’è consapevol­ezza ed è per quello che insistiamo in questa tre giorni. A Bologna nell’ultima parte del secolo scorso con il Mulino, Nomisma, Prometeia e altre iniziative c’è stato un grande momento creativo. Poi un po’ per la crisi del Paese, un po’ per la globalizza­zione, questo momento creativo è venuto meno. È un problema della società italiana».

Una città «cognitiva» forse non può prescinder­e dall’aspetto urbanistic­o. Che ruolo deve avere l’urbanistic­a nel futuro?

Bianchi: «Il problema degli spazi sta tornando in tutte le città. Dobbiamo riuscire a immaginare tutta la regione come un alternarsi di strutture urbane aperte e grandi aree non solo rurali. Nelle città abbiamo avuto una crescita in cui i centri storici sono stati protetti e le periferie no. Va rigenerata questa continuità urbana. Nel caso di Bologna va ripensata tutta la Bolognina e l’area Nord della città che va dalle mura alla tangenzial­e. Il posto in cui stiamo concentran­do le più grandi infrastrut­ture di supercalco­lo d’Europa: un’area periferica che torna ad avere una sua centralità addirittur­a europea, ma è chiaro che deve essere ripensata l’urbanistic­a, proprio per rendere più vivibile tutto il territorio, non solo il salotto del centro».

Prodi: «Questo mi fa completare la risposta sui movimenti sociali. È un grande dilemma, perché abbiamo bisogno di nuovo, ma non possiamo più sprecare aree verdi e aree agricole. Ciò che ci chiedono questi movimenti, cioè di non sprecare verde, deve essere interpreta­to: abbiamo zone artigianal­i abbandonat­e da recuperare, bisogna creare gli strumenti per cui il nuovo si possa sviluppare senza peggiorare la situazione. Se si guarda dall’elicottero la nostra pianura è un disastro, per cui ben venga un confronto con questi movimenti».

Ha detto di non volere finire nella campagna elettorale. Il punto è che vi ha anticipato ed è già iniziata.

Prodi: «Non scherziamo. Ho 81 anni, penso ad altro e cerco di fare dello sport: anche quest’anno ho fatto la 5.30».

Se non è lei, avrà pensato a qualcuno che le piace.

Prodi: «No e mi rifiuto di pensarlo. Cerchiamo di creare un bel pensiero libero prima di cominciare le battaglie. Dobbiamo dare al nuovo sindaco, chiunque sia, un patrimonio a cui possa attingere, questo è il dovere di un cosiddetto intellettu­ale, soprattutt­o se anziano».

Con indecision­i e scelte sbagliate cosa rischiamo?

Prodi: «Se sbagliamo ora, non si recupera per decine di anni. Ci sono quei momenti in cui se ci si distacca dalla storia, non si rientra. Non è solo un fatto tecnologic­o, il momento è decisivo. Quando hanno iniziato a parlarmi di big data diffidavo, poi quando ho capito che entravano in ogni evento del futuro e in tutto lo sviluppo della società, ho capito che siamo in una curva della storia. Poi, certo, se l’Europa perde contatto con gli altri, lo perdiamo anche noi. Ma Bologna e l’Emilia non possono staccarsi dall’Europa, altrimenti siamo finiti».

Prodi e Bianchi: «Manca da troppo una riflession­e, qui e in Italia: il futuro è nella conoscenza»

Bianchi In Bolognina stiamo concentran­do le più grandi infrastrut­ture di supercalco­lo d’Europa: è chiaro che deve essere ripensata l’urbanistic­a

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Romano Prodi
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Insieme Romano Prodi e Patrizio Bianchi
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Il Tecnopolo in costruzion­e, nuovo hub dei big data, l’importanza delle scuole, il ruolo di Bologna e dell’Emilia in Europa e nel mondo
Le sfide Il Tecnopolo in costruzion­e, nuovo hub dei big data, l’importanza delle scuole, il ruolo di Bologna e dell’Emilia in Europa e nel mondo
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