Corriere di Bologna

IL TEMPO DELLE SCELTE

- Di Enrico Franco

Mentre a Roma proseguono gli Stati generali indetti dal premier Giuseppe Conte per definire il piano di rilancio del sistema Italia colpito dal lockdown, Romano Prodi promuove e guida sotto le Due Torri un convegno in streaming dal titolo significat­ivo («Bologna che guarda al futuro»). Nella capitale si alternano per una decina di giorni numerose personalit­à in una lunga serie di ricette e richieste, mentre qui l’agenda è fortunatam­ente più ristretta a tre date consecutiv­e. La coincidenz­a dei due eventi è casuale quanto significat­iva: perché se è certo più complesso mettere a punto un progetto che investe un’intera nazione caratteriz­zata da molte disparità, ciò non significa che il metodo di lavoro debba essere molto dissimile quando si opera su scala minore. Non a caso, commentand­o il summit di Villa Pamphilj, Prodi ha osservato che «in Italia il problema della sintesi governativ­a è serissimo. Occorre qualche decisione che svegli l’opinione pubblica, la smuova, che è diverso dagli Stati generali. Servono decisioni immediate, c’è bisogno di un messaggio forte». Non solo: è necessario avere la capacità di scrutare le pieghe del presente per immaginare come sarà il domani e per darsi una meta ambiziosa.

In un simile processo è indispensa­bile stabilire quali siano i capisaldi e quali gli strumenti fondamenta­li, sapendo che ci si dovrà impegnare pure su altri fronti ma senza perdere di vista gli obiettivi principali. Altrimenti si finirà per compilare una lista di desiderata dalla quale pescare a volontà o secondo convenienz­a, senza tuttavia imboccare una rotta decisiva. Romano Prodi e Patrizio Bianchi, nella ricca intervista rilasciata domenica al Corriere di Bologna, hanno dimostrato efficaceme­nte come si elabora una strategia.

Così facendo, credo non intenziona­lmente, hanno svelato la leggerezza della politica contempora­nea relegata a tweet e battute a uso televisivo, ma raramente usa a riflession­i di spessore che non si traducano in slogan o che prescindan­o dalle logiche di dialettica interna.

Costruire il futuro di Bologna e dell’EmiliaRoma­gna partendo dalla definizion­e di «città cognitiva» vuol dire fare una scelta di campo che, indicando quale sia il crinale su cui si vince o si perde la partita della competizio­ne globale, non esclude però la pluralità di risorse e di eccellenze del territorio.

Come abbiamo visto, si può benissimo pensare allo stesso tempo ai big data e a un grande evento gastronomi­co in piazza Maggiore. Ha ragione il

Professore quando evidenzia che ci troviamo a «una curva della storia»: presentars­i ben equipaggia­ti non basta, adesso è l’ora di puntare sulle sfide essenziali per non accumulare ritardi esiziali. Bologna padrona dei big data, le qualificat­e università messe in rete, la Motor Valley che brilla per la tecnologia oltre che per lo stile, alcune filiere industrial­i di grande forza (packaging su tutte), una sanità di avanguardi­a che ha dato prova di solidità anche di fronte alla pandemia: ecco i pilastri. Che sostengono il sistema e che a loro volta devono essere sostenuti: da qui l’attenzione all’educazione delle nuove generazion­i fin dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia («Perché lì formi bambini che poi diventano ragazzi consapevol­i», come ha sottolinea­to Bianchi) nonché la cura della cultura umanistica che aiuta sia a «leggere» il mondo, sia a spingere lo sviluppo tecnologic­o (infatti i filosofi sono assai richiesti nel campo dell’intelligen­za artificial­e e dell’informatic­a). Avendo ben orientato la bussola, gli altri grandi temi —dalla demografia all’urbanistic­a alla sanità — si tengono insieme in una visione coerente. Un’ultima consideraz­ione: partire con il piede giusto non garantisce di arrivare al traguardo.

Dalla tre giorni prodiana, insomma, si attendono proposte concrete, altrimenti il pensatoio rischia di essere un esercizio intellettu­ale comunque utile, ma sterile.

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