Prodi ai giovani: «Ora tocca a voi»
«Ma non possiamo organizzarli noi». Al via gli incontri sulla città, «troppi cervelli ci lasciano»
«Il mio invito ai giovani è “cominciate a discutere tra voi”. I giovani del Mulino cambiarono la città due generazioni fa, ora ci vogliono dei giovani che si muovano», dice Romano Prodi aprendo la tre giorni «Bologna al futuro», dedicata alla città da ripensare dopo la crisi del coronavirus.
Puntare sulla conoscenza, la riconversione verde (anticipando magari al 2040 il traguardo delle emissioni zero) e su nuovi modelli di governance urbana, anzi di co-governance, superando l’idea di Smart city e puntando a quella di People city. Ma per superare la crisi da coronavirus e declinare «Bologna al futuro», parafrasando il titolo della tre giorni di incontri organizzati dalla Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli guidata da Romano Prodi, c’è bisogno soprattutto dei giovani. Ed è a loro che il Professore, aprendo ieri il primo dei tre incontri, ha suonato la sveglia. «Il mio invito ai giovani è “cominciate a discutere tra voi”. I giovani del Mulino cambiarono la città due generazioni fa — ricorda Prodi — ora ci vogliono dei giovani che si muovano».
A un anno dalle elezioni di Bologna, mentre giovani (per l’appunto) amministratori come Alberto Aitini e Matteo Lepore si scaldano a bordo campo di fronte alla prospettiva di primarie di coalizione, è impossibile non vedere nella tra giorni organizzata dal Professore l’eco, seppur lontano, di un esperimento come quello che a metà anni Duemila fu la Fabbrica del programma per il centrosinistra nazionale. L’ex sindaco Walter Vitali, che invita la città ad accogliere la sfida di anticipare di dieci anni l’obiettivo delle emissioni zero per il 2050, esprime apertamente l’auspicio che «la campagna elettorale del 2021 diventi un grande confronto su Bologna al futuro». Prodi tira un po’ il freno. «Noi abbiamo fatto questa riunione in anticipo, lontana dalle elezioni, per aprire un dibattito». Ma l’invito che segue suona comunque come una chiamata alle armi per chi dovrà tradurre in programma visioni e suggestioni. «Ho avuto un rimprovero da alcuni giovani: ma come, parlate di futuro e non ci sono giovani?», dice il Professore, consapevole di sedere a un tavolo che non include 30-40enni. «Io spero proprio che si organizzino tra di loro — è il suo invito — non possiamo pensare di organizzarli noi».
Ma i giovani, sottolinea, sono anche i cervelli che vanno «trattenuti». Bologna «sta producendo una straordinaria quantità di ragazzi di altissimo livello che se ne vanno via, la grande sfida è aiutare i coaguli, fare in modo che rimangano». E per riuscirci, occorre «attrarre professori dall’estero per creare fermentazioni che poi restino qui. La decadenza dell’Università iniziò quando la “mafia” universitaria proibì l’arrivo di professori dall’estero. Questo non ci insegna qualcosa sul futuro?». Di certo, ragiona Anna Lisa Boni di Eurocities citando l’esempio di Bristol, c’è bisogno di pensare a una «città collettiva dove la leadership sia condivisa con attori chiave, come l’università». Un tema, quello del coinvolgimento dell’Alma mater nella gestione della cosa pubblica bolognese, che secondo Prodi
«è stato già affrontato, ma si porrà molto di più in futuro».
Così come andrà affrontata una transizione dal paradigma della smart city a quello della people city, una città pensata attorno ai bisogni di chi la abita e con processi innovativi di governance diffusa. «La smart è la condizione necessaria per arrivare a una people city. Anche se noi la smart city non l’abbiamo ancora realizzata», ammette Prodi, «oggi è evidente che se non sei connesso non hai diritti. Lo abbiamo visto in questi giorni con i bambini “non collegati”, fortunatamente pochissimi qui».
Di certo Bologna è e resterà, come sottolinea Giulio Santagata di Nomisma, «il nodo principale di un insieme di reti». Dunque guai, avverte Prodi, a pensarsi in posizione di fuga dal resto della regione. «Bologna è il nodo più importante, ma resta una rete. Non deve fermare le energie altrui». Un principio che vale per fiere, aeroporti, sanità e molti altri asset strategici.