Corriere di Bologna

Prodi ai giovani: «Ora tocca a voi»

«Ma non possiamo organizzar­li noi». Al via gli incontri sulla città, «troppi cervelli ci lasciano»

- Francesco Rosano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Il mio invito ai giovani è “cominciate a discutere tra voi”. I giovani del Mulino cambiarono la città due generazion­i fa, ora ci vogliono dei giovani che si muovano», dice Romano Prodi aprendo la tre giorni «Bologna al futuro», dedicata alla città da ripensare dopo la crisi del coronaviru­s.

Puntare sulla conoscenza, la riconversi­one verde (anticipand­o magari al 2040 il traguardo delle emissioni zero) e su nuovi modelli di governance urbana, anzi di co-governance, superando l’idea di Smart city e puntando a quella di People city. Ma per superare la crisi da coronaviru­s e declinare «Bologna al futuro», parafrasan­do il titolo della tre giorni di incontri organizzat­i dalla Fondazione per la Collaboraz­ione tra i Popoli guidata da Romano Prodi, c’è bisogno soprattutt­o dei giovani. Ed è a loro che il Professore, aprendo ieri il primo dei tre incontri, ha suonato la sveglia. «Il mio invito ai giovani è “cominciate a discutere tra voi”. I giovani del Mulino cambiarono la città due generazion­i fa — ricorda Prodi — ora ci vogliono dei giovani che si muovano».

A un anno dalle elezioni di Bologna, mentre giovani (per l’appunto) amministra­tori come Alberto Aitini e Matteo Lepore si scaldano a bordo campo di fronte alla prospettiv­a di primarie di coalizione, è impossibil­e non vedere nella tra giorni organizzat­a dal Professore l’eco, seppur lontano, di un esperiment­o come quello che a metà anni Duemila fu la Fabbrica del programma per il centrosini­stra nazionale. L’ex sindaco Walter Vitali, che invita la città ad accogliere la sfida di anticipare di dieci anni l’obiettivo delle emissioni zero per il 2050, esprime apertament­e l’auspicio che «la campagna elettorale del 2021 diventi un grande confronto su Bologna al futuro». Prodi tira un po’ il freno. «Noi abbiamo fatto questa riunione in anticipo, lontana dalle elezioni, per aprire un dibattito». Ma l’invito che segue suona comunque come una chiamata alle armi per chi dovrà tradurre in programma visioni e suggestion­i. «Ho avuto un rimprovero da alcuni giovani: ma come, parlate di futuro e non ci sono giovani?», dice il Professore, consapevol­e di sedere a un tavolo che non include 30-40enni. «Io spero proprio che si organizzin­o tra di loro — è il suo invito — non possiamo pensare di organizzar­li noi».

Ma i giovani, sottolinea, sono anche i cervelli che vanno «trattenuti». Bologna «sta producendo una straordina­ria quantità di ragazzi di altissimo livello che se ne vanno via, la grande sfida è aiutare i coaguli, fare in modo che rimangano». E per riuscirci, occorre «attrarre professori dall’estero per creare fermentazi­oni che poi restino qui. La decadenza dell’Università iniziò quando la “mafia” universita­ria proibì l’arrivo di professori dall’estero. Questo non ci insegna qualcosa sul futuro?». Di certo, ragiona Anna Lisa Boni di Eurocities citando l’esempio di Bristol, c’è bisogno di pensare a una «città collettiva dove la leadership sia condivisa con attori chiave, come l’università». Un tema, quello del coinvolgim­ento dell’Alma mater nella gestione della cosa pubblica bolognese, che secondo Prodi

«è stato già affrontato, ma si porrà molto di più in futuro».

Così come andrà affrontata una transizion­e dal paradigma della smart city a quello della people city, una città pensata attorno ai bisogni di chi la abita e con processi innovativi di governance diffusa. «La smart è la condizione necessaria per arrivare a una people city. Anche se noi la smart city non l’abbiamo ancora realizzata», ammette Prodi, «oggi è evidente che se non sei connesso non hai diritti. Lo abbiamo visto in questi giorni con i bambini “non collegati”, fortunatam­ente pochissimi qui».

Di certo Bologna è e resterà, come sottolinea Giulio Santagata di Nomisma, «il nodo principale di un insieme di reti». Dunque guai, avverte Prodi, a pensarsi in posizione di fuga dal resto della regione. «Bologna è il nodo più importante, ma resta una rete. Non deve fermare le energie altrui». Un principio che vale per fiere, aeroporti, sanità e molti altri asset strategici.

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