Corriere di Bologna

Droga, sgominata la banda della coca

Il gruppo vicino ai clan di Africo, 9 arresti. Le cimici, le intercetta­zioni, i clienti

- BO Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nell’ambito dell’operazione «Aquarius» nove persone (6 in carcere e 3 agli arresti domiciliar­i) sono state ritenute responsabi­li, a vario di titolo, del reato di associazio­ne a delinquere finalizzat­a al traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacen­ti. Tra i clienti della banda anche camerieri di diversi ristoranti di Bologna, avvocati e imprendito­ri. Agli arresti è finito anche un oste di via Petroni. La base era in un’autofficin­a di via del Lavoro.

” Pierluigi Sollazzo Disponevan­o di un’elevata dotazione tecnologic­a che ci ha costretto ad avvalerci di strumenti informatic­i ad alta complessit­à I «cryptophon­e» La banda usava telefoni criptati difficili da intercetta­re e del valore di 3 mila euro

Un’organizzaz­ione caratteriz­zata da un elevato «calibro criminale», che vantava legami solidi e parentele importanti con i più potenti clan di ‘ndrangheta, capace di importare ingenti quantità di cocaina e hascisc, probabilme­nte dal Sudamerica, da smerciare nelle piazze di Bologna e Firenze.

L’operazione del nucleo investigat­ivo e operativo dei carabinier­i del comando provincial­e di Bologna ha smantellat­o un’associazio­ne a delinquere dedita al narcotraff­ico, con base decisional­e e operativa sotto le Due Torri, formata da soggetti calabresi con solidi legami con il clan Morabito-Palamara-Bruzzaniti di Africo. Dieci in tutto gli indagati, di cui sei sono finiti in carcere e tre ai domiciliar­i.

Al vertice c’era Nunzio Pangallo, 47enne di Africo, da vent’anni operativo tra la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, uscito dal carcere nel 2015 dopo 15 anni. È cognato di Rocco Morabito, superlatit­ante calabrese, per la Dea americana uno dei più importanti narcotraff­icanti a livello globale. Pangallo è indicato dai pentiti come «uno che fa arrivare la droga in tutti i modi e da tutte le parti: Sudamerica, Nord Europa, dai porti di Anversa e Amsterdam, Belgio, Germania, con le navi, con le macchine, con i camion». A lui gli inquirenti sono riusciti a ricondurre un Blackbarry criptato rinvenuto in un’altra operazione antidroga che nel 2016 permise di intercetta­re mezza tonnellata di cocaina su uno yacht al largo di Capo Verde. Nel frattempo Pangallo si è spostato da Bologna e Vicchio, nel Fiorentino, a seguito del trasferime­nto della moglie insegnante di scuola elementare, anche lei indagata a piede libero, ma veniva spessissim­o a Bologna per incontrare Francesco Tiano, detto «Riminacchi­o» suo braccio destro, socio occulto di un’azienda di autonolegg­io in via del Lavoro, fittiziame­nte intestata al figlio Emilio, per gli inquirenti base logistica dell’associazio­ne.

Lo stupefacen­te veniva nascosto nel vano della ruota di scorta delle auto conservate in un garage nelle vicinanze. Incontri

a cui partecipav­ano anche Elia Stilo, 29enne di Locri, Francesco Dangeli, 48enne di Reggio Calabria, che si svolgevano sempre in un parco in zona, dopo che gli indagati avevano lasciato i telefoni. Per intercetta­rli, i carabinier­i hanno dovuto dotare di telecamere e microfoni giardini pubblici e persino panchine.

Negli incontri si discuteva della compravend­ita in comune di partite di droga e della loro redistribu­zione sul mercato. L’associazio­ne era dotata di telefoni altamente tecnologic­i, modello Aquarius, da cui deriva il nome dell’operazione, apparecchi del costo di 3.000 euro, impossibil­i da intercetta­re e dotati di un software che in caso di digitazion­e di un codice sbagliato formatta il telefono rendendo impossibil­e il recupero dei dati. «Ti faccio un esempio, ti suonano la mattina alle 6 i carabinier­i» spiega Stilo a un altro indagato, «tu prendi e lo spegni…e poi quando lo accendono non c’è più niente, sembra un telefono appena comprato». Gli apparecchi venivano introdotti in Italia da un albanese dipendente della compagnia di bandiera dell’Albania, che si muoveva liberament­e in aeroporto.

«Disponevan­o di un’elevata dotazione tecnologic­a che ci ha costretto ad avvalerci di strumenti informatic­i ad alta complessit­à» ha spiegato il colonnello Pierluigi Solazzo, comandante provincial­e dei carabinier­i di Bologna. L’operazione, condotta in cinque regioni con 100 militari impiegati, è stata coordinata dal pm della Dda Roberto Ceroni. Nei due anni di indagini sono stati sequestrat­i circa 3 chili e mezzo di cocaina, a fronte di partite ben più ingenti «a riprova dell’alto grado criminale e di accortezza dell’associazio­ne» ha spiegato il tenente colonnello Diego Polio.

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