Il gran giorno della Fortitudo, ecco Sacchetti
«Non ci nascondiamo. L’obiettivo è stare subito dietro i primi. Aradori? Storie vecchie, tutto ok»
«È successo tutto all’improvviso, ma l’ho capito subito: a un’occasione del genere non si poteva dire di no». Così il nuovo allenatore della Fortitudo Meo Sacchetti si è presentato ieri ai tifosi.
Il Meo nazionale ora è anche il Meo fortitudino. Si è insediato ieri sul suo nuovo scranno, posto al centro di un vecchio capannone in disuso di Borgo Panigale, nuovo centro del mondo Fortitudo. «È successo tutto all’improvviso, ma l’ho capito subito: a un’occasione del genere non si poteva dire di no».
Tirato a lucido dopo un lockdown che sembra avergli fatto molto bene, il ct azzurro sembra aver perso peso, ma non la solita verve e la naturale carica di empatia: prima uno show tra i ragazzi di un camp, poi il bagno di folla alla Morara. «Ho una certa età, ma ho ancora molti sogni e l’energia per inseguirli. Sono uno che vive di stimoli, e qui certo non mi mancheranno».
In un giorno speciale anche per il club, tra anniversari di scudetti e promozioni, il matrimonio del capitano in Toscana («Auguri al Mancio, che sono sicuro ci servirà ancora molto») e l’apertura del nuovo nido dell’Aquila, è comunque Sacchetti il protagonista assoluto. «E’ un passaggio importante ed una grande sfida anche per me. Non ci nascondiamo, vogliamo costruire una Fortitudo ambiziosa, da posizionare a ridosso del triangolo Milano-Virtus-Venezia. Per poi magari fare qualche colpaccio e divertirci».
In più, giocando il suo basket, che di solito piace. «Si sa, mi piace giocare su un numero alto di possessi, ma per farlo non basta avere gente che faccia canestro, serve anche altro. Aspettiamo di vedere la squadra finita, poi la giudicheremo». Conferma l’idea di andare con sette italiani e tre soli americani «Ma solo se troveremo gli uomini giusti per farlo. Ora la priorità è l’ala forte titolare, che deve essere atletica, ed un 2-3 molto duttile da mettere dietro agli esterni titolari, poi vedremo. Un altro esterno straniero, tipo Saunders, passando al 6+4? È una strada che resta ancora aperta, vedremo: non ci mettiamo vincoli e non abbiamo fretta. Aradori? Ci siamo parlati, storia vecchia ed archiviata, guardiamo avanti». Dal biancoblù all’azzurro e viceversa, il passaggio è naturale, nei giorni in cui avrebbe dovuto essere in ritiro con la nazionale.
«Devo ancora calarmi in questa realtà, sono appena arrivato ma già respiro passione, e di questi tempi uno non se l’aspetta. Inutile girarci intorno, qui è diverso. Che cos’è Bologna per il basket lo so già. Io non sono nuovo, di questa città, anche se sono passati quarant’anni». Per la precisione 41, dal 1978/79 che fu l’ultima delle sue tre stagioni da giocatore al Gira, e di quella squadra con strane maglie giallo-marrone ritrova alla Fortitudo due compagni di squadra, Dante Anconetani e Franco Rizzardi.
«In tre anni ho avuto tre allenatori, tutti tre bolognesi: uno di radici virtussine, Ettore Zuccheri, che mi trasformò in guardia e mi cambiò la carriera, gli altri due fortitudini purosangue, che già allora mi fecero capire cosa rappresenta questa società per il suo pubblico, Lino Bruni e Beppe Lamberti». Al nome del padre della patria fortitudina scatta l’applauso, qualcuno gli ricorda che sarebbe una bestia nera della Virtus («Non mi avranno preso solo per questo?»), lui rovista nei ricordi per un flashback da giocatore: «In tutta la carriera credo di aver schiacciato in partita due volte. Una fu in un derby GiraVirtus che vincemmo noi, totalmente sfavoriti». Da Cremona Sacchetti si porta il secondo assistente, il 38enne pavese Simone Bianchi, mentre l’espertissimo Stefano Comuzzo resta come vice. All’interno dell’area tecnica biancoblù, ufficiale da ieri anche il ritorno di Roberto Breveglieri come scout e responsabile del settore giovanile.
«Ci serve un’ala forte molto atletica e una guarda duttile che parta dalla panchina»
Besta nera della V «Ho anche schiacciato in un derby Gira-Virtus che vincemmo noi totalmente sfavoriti»