I BENI COMUNI DELLE CITTÀ
Immunità e comunità. Si può pensare che sia questa la polarità che sta caratterizzando il senso di questi giorni di lento recupero della normalità. L’immunità rimanda a un’idea di sottrazione: dal contagio, anzitutto. Ma immunità (per lo meno nella sua accezione giuridica) è ciò che sottrae a un’iniziativa giudiziaria: immunità parlamentare o diplomatica. Pur sempre sottrazione.
La comunità, viceversa, evoca un’addizione: più esattamente, quell’addizione di singoli che genera a sua volta un’unita. Communitas, per l’appunto. È allora che ci si rende conto che la comunità esige il rispetto di regole a beneficio di tutti: per esempio, emerge chiaro che l’irresponsabilità di pochi non può mettere in discussione gli sforzi di tanti.
Inoltre, il senso della comunità fa riscoprire la necessità di ricostruire regole di condivisione «dal basso». Una delle battaglie più avanzate tra quelle condotte da Stefano Rodotà, venuto a mancare proprio nel giugno di tre anni fa, fu quella all’insegna della regolamentazione dei «beni comuni». Per Rodotà la disciplina dei «beni comuni» avrebbe meritato di entrare nel codice civile. Oggi, mi pare che il bene comune più bisognoso di cure sia proprio rappresentato dalla città. La città è il luogo della comunità: e le nostre città chiedono di essere gestite con l’impegno di tutti.
Tra i primi sforzi in direzione di una gestione condivisa di beni comuni urbani ricordiamo quelli compiuti da Bologna o da Torino: si pensi all’esperienza degli orti urbani; ma anche alla manutenzione delle piazze, dei monumenti, magari anche di luoghi ritenuti secondari. Nel corso di questi ultimi anni, una larga parte delle amministrazioni comunali del Nordest è venuta a dotarsi di regolamenti improntati all’idea di sussidiarietà e, quindi, capaci di dare una precisa risposta all’esigenza di gestione dei beni comuni. Così è oggi possibile, da parte di privati cittadini o di associazioni o di enti in genere, dare vita ad appositi «patti» per la cura dei beni comuni. Facciamone tesoro. L’emergenza sanitaria di questi mesi ha imposto l’immunità, il distacco. Perché i fili della comunità tornino a intrecciarsi, occorre adesso il concorso di tutti. Magari anche solo per aiutare la riapertura di un piccolo luogo di ritrovo ai margini di un quartiere, di uno spazio sportivo per bambini oppure di una biblioteca dimenticata. Potrebbe essere il momento per dare un forte impulso, a tutti i livelli, a quell’intuizione che sta sotto il paradigma stesso di bene comune. Si tratta di un percorso che sarebbe in grado migliorare, e non di poco, il volto delle nostre città. Dopo l’immunità, la comunità.