RIPENSARE IL TURISMO
Stessa spiaggia, stesso mare? Anche no. Da quest’anno, ma non solo, serve cambiare. Chiaro: il modello, non il luogo. Per sopravvivere? L’opposto, per vivere meglio. Perfino dal peggio può venire una proficua lezione. Al mondo balneare post covid non basta un restyling. Serve la rivoluzione. Non solo ibrida, proprio full electric. Con un ritocchino, qualche metro in più o in meno nelle distanze, (forse) si salva la stagione, ma non si rientra alla grande nel mercato turistico. «Ombrellone riposizionato» poteva essere un buon inizio vent’anni fa, non oggi. Adesso il virus mette l’industria delle vacanze davanti ad un bivio. Imboccare la scelta furbetta, cambiando qualcosa nella speranza che non cambi niente. Oppure riformare in profondità, lanciando davvero la vacanza nuovo millennio. È il caso di chiedersi: se non ora, quando? Nei giorni scorsi ho guardato un po’ di mondo dalla battigia, abbastanza per capire la forza del partito che abbassa la mascherina e alza la bandiera del «torniamo in fretta come prima». Aggrappato ad una tesi: la mitica intraprendenza romagnola ha superato ogni battaglia. Perfino quella della mucillagine, che la portò sull’orlo del ko.
L’invenzione delle mini piscine servì per le foto réclame del cessato allarme. Ma allora nell’arsenale c’era l’arma vincente chiamata svalutazione. Con la liretta giù e il marco su, tedeschi ed affini marciavano entusiasti verso i nostri lidi.
Bei tempi, quando herr Muller tornava a casa dopo avere messo in valigia dei souvenir a 18 carati. Una gita ai golden market di San Marino rendeva più conveniente e un tantino esotica la vacanza italiana. Con l’euro uguale per tutti, la calamita monetaria non funziona più. Intanto il virus impone una verità ineludibile. L’industria turismo, voce forte del Pil regionale, ha necessità di radicali riforme. Non si tratta di far passare la nottata, ma di mettere sul mercato una vacanza a competitività globale. Nel futuro molto vicino vincerà la qualità dei servizi, perderà la logica miope del fatturato di massa. Il distanziamento sociale e fisico, minimo sindacale per riprendersi un po’ di clientela, come premessa di un habitat balneare restaurato. Il sostegno agli imprenditori va legato alla lungimiranza e alla fedeltà fiscale. Con notevoli sostegni e incentivi ma anche un patto chiaro: è giusto che sia aiutato chi davvero paga le tasse. La lezione che viene dalla spiaggia vale anche per chi è lontano dal mare, Bologna in primis.
La forzata pausa turistica deve essere utilizzata come un intelligente stop and go. Per rimediare agli eccessi di tagliere selvaggio. Per uscire dal circolo vizioso dei negozietti convertiti al fast food e degli appartamenti da 100 euro a notte. Da un lato il mondo si scandalizza per le grandi navi a Venezia e il pendolarismo mordi e fuggi a Capri. Dall’altro, smania all’inseguimento di quote crescenti di presenze a basso valore aggiunto e alto costo sociale. Invece di chiederci ancora se il dopo Covid ci farà migliori o peggiori, conviene impegnarsi di più per alzare la qualità del vivere.
Piangiamo per la morte virale, ma trascuriamo quella stradale, che fa strage soprattutto tra i giovani, preziosa e purtroppo carente risorsa demografica. Adesso molti s’indignano per il fanatismo calcistico napoletano che sfida il contagio. Ma qui non siamo tutti innocenti. Forse la vera differenza è che (purtroppo) non vinciamo la Coppa Italia.