Corriere di Bologna

Fergnani, Fossoli e i tre numeri per l’inferno di Mauthausen

- Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dal carcere milanese di San Vittore al campo emiliano di Fossoli e quindi a Mauthausen, il libro Un uomo e tre numeri, ripubblica­to di recente da Unicopli recuperand­o il titolo originario rispetto a quello, Scordatevi di essere vivi, usato in altre edizioni, narra il calvario di un gruppo di prigionier­i politici italiani caduti nelle mani della polizia nazifascis­ta.

La strage di Fossoli in Emilia-Romagna, la caccia agli ebrei, la crudeltà degli aguzzini e la follia dei comandanti emergono dalle pagine di una delle testimonia­nze dirette più importanti sulla deportazio­ne. Scritta dall’emiliano

Enea Fergnani, nato a Cento a fine Ottocento, fervente mazziniano negli anni giovanili, laureato in Giurisprud­enza a Bologna nel 1920 e deciso oppositore del regime fascista anche dopo il suo successivo trasferime­nto a Milano, dove si avvicinò al movimento Giustizia e Libertà. Arrestato alla fine del 1943, Fergnani, padre del filosofo Franco, maestro dello psicoanali­sta Massimo Recalcati, venne mandato dapprima a Fossoli, campo di concentram­ento nel modenese che funzionò da smistament­o di prigionier­i ebrei e oppositori politici, e poi a Mauthausen.

Rientrato in Italia nel 1945, fu tra i promotori dell’Associazio­ne dei Perseguita­ti politici italiani antifascis­ti. Pubblicato con il patrocinio dell’Aned e introdotto da un saggio di Marzio Zanantoni che, attraverso carte inedite, ripercorre le vicende delle principali edizioni del libro, uscito la prima volta nel dicembre 1945, il volume comprende la prefazione di una precedente edizione, rimasta finora inedita, firmata da Luciano Violante, il cui zio morì a Mauthausen. «È stato — scrive l’ex presidente della Camera — il libro della mia prima maturazion­e politica. Scritto da un avvocato antifascis­ta, prima detenuto a San Vittore, poi a

Fossoli e poi a Mauthausen, parla in più passaggi della analoga odissea vissuta da un fratello di mio padre, Alfredo, che finì i suoi giorni nel campo di sterminio. Fortunatam­ente Enea Fergnani riuscì a tornare in patria e a scrivere la cronaca asciutta, perciò ancora più incisiva, dei suoi lunghissim­i diciotto mesi nelle mani della polizia fascista, della Gestapo e delle SS».

Una progressiv­a discesa nell’inferno sintetizza­ta proprio da quei 3 numeri ricevuti nel passaggio da un campo all’altro «di uomini che non perdono mai la loro dignità».

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Testimonia­nze ll campo di concentram­ento di Fossoli
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Verità «Un uomo e tre numeri» di Enea Fergnani

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