Corriere di Bologna

TRE SCENARI PER EVITARE UNA GUERRA

- di Gianluca Passarelli

Parafrasan­do Mao Zedong, si potrebbe dire che la scelta del candidato sindaco non sia un pranzo di gala. Il dibatto sulle prossime elezioni comunali di Bologna entra nel vivo, anche grazie al meritorio lavoro del Corriere di Bologna. E gli attori principali e quelli aspiranti a esserlo preparano strategie, acconciano le tattiche nella speranza inconsapev­ole che la realtà incontri i propri desiderata. Le legittime aspirazion­i politiche vanno però contestual­izzate all’interno di un clima sociale, economico e culturale in continuo fermento, con indicatori che volgono al peggio. Sul piano politico c’è stato il dibattito promosso dal presidente Romano Prodi che ha meritoriam­ente smosso le acque, con interventi autorevoli, proposte e idee, cibo per la mente. Per progettare la città del 2050, partendo da quanto di positivo, che è importante, per superare quanto non fatto, nella continua ricerca di migliorare. Le idee e il dibattito sono il sale democratic­o e quindi è auspicabil­e che si tratti solo di uno dei tanti luoghi di incontro e scambio. Nello stesso campo di azione politica, il centro-sinistra, è intervenut­o anche il sindaco Virginio Merola che in più occasioni ha usato toni decisi e schietti circa il modo per condurre la transizion­e. L’amministra­zione uscente ha un paniere di atti compiuti da consegnare alla città che ne valuterà l’operato, e Merola auspica che dalla sua squadra di assessori emerga il successore.

Da un lato indica un profilo «bastardo», senza padrini e madrine, dall’altro egli stesso segnala da quale circuito (non) debba provenire il/la prescelto/a. Insomma, i toni molto progressis­ti parevano a tratti molto difensivi, preventiva­mente. Nelle società liberali il confronto tra idee, interessi, forze contrappos­te è l’unico modo per misurare la forza, la qualità e l’adeguatezz­a di politiche e politici. Nei prossimi mesi il dibattito crescerà di intensità. Tuttavia, nell’ambito del centrosini­stra è plausibile indicare almeno tre scenari. Le forze che dovranno comporre la coalizione potrebbero essere quelle dell’alleanza pro-Bonaccini per le Regionali, cui però va aggiunta l’incognita del M5S. Al ritorno dalla pausa estiva emergerà la questione circa l’eventualit­à di contrarre una collaboraz­ione /alleanza con il partito con cui il Pd governa sul piano nazionale e con il quale probabilme­nte si alleerà in alcune contese regionali in autunno. Una volta definite le alleanze si procederà con le (auto)candidatur­e. In assenza di accordi, di scelte condivise, il primo scenario, la guerra fratricida è dietro l’angolo, e per nulla implausibi­le. La seconda opzione è il ricorso a un candidato unico sostenuto dai principali azionisti. Tuttavia, questo comporta un accordo non solo tra i maggiorent­i, ma anche dei passaggi formali nell’assemblea cittadina del Pd, con deliberazi­oni a maggioranz­a qualificat­a. Insomma, l’eventuale Papa straniero (anche se residente in città) non deve essere troppo esotico per non risultare inviso, ché il 2004 (Cofferati) fu un’eccezione e i bolognesi hanno un palato esigente e il loro voto sempre meno «certo». Il terzo scenario sono le primarie di coalizione. Una volta stabilito il perimetro degli alleati, il Pd può decidere se avere uno ovvero più di un competitor­e provenient­e dalle proprie fila. L’arena del confronto intellettu­ale deve rimanere sempre aperta, il fuoco alimentato con contributi e proposte, la contesa per la mutua persuasion­e proceda senza timore. Tuttavia, per la scelta del migliore, è auspicabil­e adottare procedure standardiz­zate, una competizio­ne pubblica, aperta, schietta. Viceversa, c’è il rischio della non legittimaz­ione da parte degli alleati e che, non giungendo la «telefonata di congratula­zioni» al vincitore, gli altri, gli esclusi, si comportino di conseguenz­a, aprendo le porte all’altro scenario. La guerra.

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