Investire gli «utili» del Covid, nella crisi siamo come i siamesi
Gli investitori - oculati e fortunatipromuovono la crescita collettiva e sono premiati dalle plusvalenze, il capital gain, il guadagno di capitale. In guerra c’è sempre chi guadagna e in questa guerra virale ci sono stati due tipi di arricchimento.
Quello biologico, portato dagli anticorpi coniati da un organismo immunologicamente fortunato, che si è difeso ed è guarito tanto da avere anticorpi da donare attraverso un prezioso trapianto di contante, liquido: il plasma.
Poi c’è l’altro arricchimento, quello solito e solido delle guerre: Amazon, Google, Netflix, industrie farmaceutiche e di medicali che col virus sono scoppiate di salute. E con esse chi ci ha investito sopra in borsa.
Questo plasma, queste plusvalenze che fine faranno? Non è un arricchirsi strano, non è come starsene chiusi in una roulotte piena d’oro nel mezzo di un terremoto? Se mentre si affogava tra le onde del destino qualcuno si è arricchito tra le onde del listino, per improntitudine e fortuna, è etico che si tenga quel denaro tutto per sé?
Quel denaro che senza Covid non si sarebbe trasformato, beninteso.
Non è assurdo pensare di devolvere parte di questi soldi virali ai meno fortunati e alla ricerca. Tutto torna, anche quello che sembra lontano nel tempo e nello spazio.
Negli anni dell’edonismo reaganiano e della finanza creativa bastava una laurea qualsiasi per diventare uno «yuppie» spesato in tutto e con stipendio da sogno; ora un ingegnere per mangiare deve contare sui genitori. Siamo partiti da gemelle peruviane lontane, e gemelli caduti insieme alla madre. Da Caino in poi essere fratelli non è bastato all’umanità. Si può sopravvivere alla morte di un fratello. Anche a quella di un gemello, seppure dimezzati. Non si sopravvive invece alla morte di un gemello siamese, il plasma letale del soccombente prima o poi prende il sopravvissuto. Nel bene e nel male tutti siamo siamesi e madri incinta, causa ed effetto della salute dell’Altro.