L’attivista che rientra in campo
Con Sel è stata in consiglio comunale, ha contestato la linea di Merola sui centri sociali e dopo lo scioglimento del partito le sue battaglie politiche si sono svolte in tribunale
Attivista e avvocata dei diritti, Cathy La Torre è la possibile outsider per la sfida nel centrosinistra in vista del 2021.
Alle elezioni bolognesi manca un anno. E nel centrosinistra, primarie o meno, i pretendenti non mancano. Noi vogliamo raccontarveli uno a uno, con le loro storie e le aspirazioni. Dopo l’assessore Matteo Lepore tocca a Cathy La Torre, vera outsider della competizione.
Esistono due Cathy La Torre. La prima fino al 2016 ha fatto politica facendo politica, fedelissima di Nichi Vendola e capogruppo di quell’esperimento a sinistra che fu la lista con il nome più tortuoso nella storia di Bologna: Con Amelia per Bologna con Vendola. La seconda dal 2016 fa politica facendo ciò che le riesce meglio, l’avvocata-attivista dei diritti civili. Un ruolo che le ha dato una visibilità, anche sui social («soltanto», direbbero i suoi detrattori), che travalica i confini di Bologna. E che lei è pronta a spendere sotto le Torri se il Pd avvierà davvero il percorso verso le primarie di cui tutti parlano, ma che in pochi sembrano volere davvero.
Padre siciliano e madre americana, è a Bologna che La Torre mette radici. Lavorative, con l’impegno legale in difesa dei diritti lgbtq, e politiche. Nel 2009 si candida nella lista Sinistra per Bologna e resta fuori dal Consiglio. Ma il mandato Delbono è breve e La Torre, da coordinatrice di Sel, è pronta a riprovarci subito. È lei il trait d’unione tra la civica Amelia Frascaroli e il partito di Vendola. Dopo la doppia vittoria di Merola, alle primarie e alle Amministrative, Frascaroli
entra in giunta e La Torre guida il gruppo consiliare. Da lì inizia la difficile convivenza tra le due anime della lista, a partire dai suoi due volti di punta. Le frizioni sul comitato dei saggi per le nomine nelle partecipate, il referendum sui fondi alle scuole paritarie, la fusione Hera-Acegas: le divergenze di La Torre sono più delle convergenze, tanto con Frascaroli che con Merola.
Il primo strappo è all’inizio del 2013, quando l’allora vendoliana sfila nel corteo di un collettivo che si conclude con l’occupazione dell’ex convento Santa Marta. «È gravissimo che un esponente di questo Consiglio abbia partecipato alla manifestazione», tuona l’assessore Matteo Lepore, allora molto più rigido contro i centri sociali. Nell’ottobre 2015, dopo lo sgombero di Atlantide, La Torre torna a sfilare con gli attivisti. E annuncia poco dopo, su Facebook, il suo Aventino: «Uscirò dalla maggioranza. Voterò solo le cose che condivido». Come Vendola non ha digerito la linea dura di Merola sulle occupazioni. E così, quando a dicembre il leader di Sel commissaria il gruppo dirigente del partito, La Torre festeggia: «D’ora in poi se qualcuno deciderà di appoggiare la ricandidatura di Virginio Merola dovrà uscire».
La giovane avvocata assiste al travaglio che riunirà le tante anime della sinistra bolognese in un nuovo soggetto, Coalizione civica. Al momento del parto, forse poco convinta dal nascituro, si fa però da parte e non si candida. Rimane nella direzione nazionale di Sel fino alla dissoluzione del partito nel 2016, da lì in avanti le sue battaglie politiche passano dai Tribunali. E non solo perché dal 2013 è tra i volti di Gaylex, la rete di avvocati che si occupa di omo e transfobia. Con la rapidità di un lawyer newyorkese si fionda su tutte la battaglie legali che nuociono al centrodestra. Nell’estate 2018 una sfilza di minacce di morte, legate alla questione migranti, le valgono l’attivazione di un servizio di vigilanza. Lei in tutta risposta prepara un esposto contro l’allora ministro Salvini per la gestione della nave Diciotti.
Si avvicina al Pd, a Bologna è al lancio della campagna di Zingaretti per la segreteria, ma resta a distanza di sicurezza. L’estate scorsa riceve dalla Sea Watch l’incarico di tutelare civilmente la capitana Rackete, intanto fa parlare ancora di sé con «Odiare ti costa», la campagna per offrire assistenza legale alle vittime degli haters sul web. Battaglie amplificate sui social dai suoi follower (157 mila, oggi, solo su Instagram). Si impegna, a modo suo, per la vittoria di Bonaccini alle Regionali. Tutela legalmente le Sardine nel mirino della macchina della propaganda leghista. Bussa alla porta della famiglia del Pilastro «citofonata» da Salvini, ovviamente per difenderla dalla caccia allo spacciatore del ministro dell’Interno.
Dopo la vittoria di Bonaccini, mentre in Regione si sta ancora delineando la giunta, La Torre inizia a parlare in chiaro della sua voglia di candidarsi a sindaca. In molti, nel Pd, si chiedono se abbia la tessera per partecipare da insider alle primarie. «Non mi interessa prendere tessere. Avevo sostenuto Zingaretti, ma non c’è stata la rivoluzione che speravo. Questo Pd è stagnante», taglia corto l’avvocata, che risponde per le rime alle critiche arrivate da Federico Martelloni di Coalizione civica. «Se ho un consenso è dato dalle battaglie che ho fatto, non dai soggetti politici con cui dialogo. Sapevo che non sarei stata la loro candidata, ma da quando ho detto che penso al 2021 ho ricevuto 1.600 messaggi di bolognesi che non conoscevo, pronti a darmi una mano». E se le primarie, alla fine, venissero archiviate? «Sarebbe un’occasione persa, la gente vuole scegliere», dice La Torre, che chiarisce di non volere battaglie personali. «Se uscirà una candidatura unica, che stimo, non sarà un problema dare una mano. Con Lepore di certo ho più temi in comune. Magari non è molto empatico, ma in 10 anni ha saputo sviluppare un pensiero amministrativo. Con Aitini, che fa l’assessore da pochi anni, non saprei su cosa confrontarmi». 2 - continua
Con Lepore ho più temi in comune e cose da dire Aitini? Non saprei da dove cominciare