Lombardo, il giovane prof pronto alla giusta battaglia
Docente prima in Cina e poi a UniBo è fra i fedelissimi di Merola quello con il curriculum più brillante. Ha lavorato alla carta dei diritti dei nuovi precari
Ex renziano, europeista e docente, l’assessore Marco Lombardo è tra i candidati dem pronti a eventuali primarie. Protagonista anni fa di una dura sfida per la segreteria del Pd, poi persa, assicura di voler andare fino in fondo anche stavolta: «Non sono un freddo uomo d’apparato».
Alle elezioni bolognesi manca un anno. E nel centrosinistra, primarie o meno, i pretendenti non mancano. Noi vogliamo raccontarveli uno a uno, con le loro storie e le aspirazioni. Dopo l’assessore Matteo Lepore e l’avvocata outsider Cathy La Torre, tocca a un altro assessore comunale, Marco Lombardo.
Certe battaglie vanno combattute anche se la strada è in salita e non c’è nessuna certezza di vincerle. Lo sa bene Marco Lombardo, assessore comunale al Lavoro, una delle tre punte della giunta Merola (insieme a Matteo Lepore e Alberto Aitini) pronte a eventuali primarie in vista delle
Amministrative 2021. Tra la fine del 2014 e i primi mesi del 2015, quando si aprì la partita per la successione a Raffaele Donini alla guida del Pd bolognese, l’allora vicesegretario era determinato a vincere. Ma il partito era ancora lontano dall’accettare che un renziano (di pedigree civatiano) potesse guidare la Federazione.
Di fronte si trovò l’allora potente capogruppo Francesco Critelli, che poi renziano lo sarebbe diventato prima del salto in Parlamento. L’allora vicesegretario dem provò a giocarsela raccogliendo le firme per un congresso che passasse dai circoli, piuttosto che dal voto praticamente scritto dell’Assemblea. A poco valse il «tifo» del sindaco Merola per aprire alla partecipazione della base: alla fine fu l’Assemblea a impalmare Critelli, come se non bastasse dopo che un pezzo dell’area renziana (quella vicina a Giuseppe Paruolo) aveva indicato un altro candidato per la segreteria. Lombardo non si è mai pentito di quella battaglia «perdente». Anzi, la ricorda con un certo orgoglio dedicandole ampio spazio nella sua biografia online.
Testardaggine calabrese, accompagnata da formazione giurisprudenziale bolognese e afflato europeista. Assegnista di ricerca, professore in Cina, infine docente al master per Relazioni Internazionali di Unibo. Se le primarie si giocassero su curricula e accademia probabilmente la avrebbe già vinte. Ma la politica è fatta di molto altro. Lui ha iniziato a frequentarla nel 2009, più tardi di molti colleghi e possibili sfidanti. Nativo del Pd, entra per la prima volta in segreteria nel 2012 per occuparsi di Europa e Relazioni internazionali. L’anno dopo è nel coordinamento bolognese per Renzi, a cui resterà legato per gli anni a venire. In una segreteria che resta cuperliana mentre Renzi trionfa alle primarie, Lombardo viene chiamato a occuparsi del Programma. La candidatura alle Europee 2014 sembra l’approdo naturale, ma non si concretizza. Lui accetta serafico: «La vita mi ha insegnato che non si combatte mai per un nome, nemmeno il proprio, ma per una causa. La mia è, e sarà sempre, l’Europa». Meno facile sarà accettare la sconfitta congressuale dell’anno dopo, soprattutto per lo strappo inaspettato dell’area renziana.
Nella primavera 2015, quando un ampio pezzo del Pd apre quello che Lombardo definisce «un dibattito surreale» sulla ricandidatura di Merola, lui è uno dei pochi a schierarsi subito per il bis del primo cittadino. L’anno dopo, fresco di elezione in Consiglio comunale, il nome di Lombardo cuoce per giorni nel totonomi della giunta prima di scomparire. Lui non apprezza, così come non apprezza la scelta dell’allora segretario Critelli su capogruppo e presidenza del Consiglio comunale. «A Bologna aver sostenuto Renzi è diventata una colpa, un modo per escludere le persone», si sfoga. Qualche mese dopo agiterà la tenuta del gruppo dem insieme agli altri consiglieri della fronda critica sul Passante di mezzo. Il primo passo di avvicinamento verso la giunta è nel marzo del 2017: consigliere di fiducia del sindaco per Progetti e politiche europee. All’inizio del 2018 entra nell’esecutivo grazie a quello che molti ribattezzano «il rimpasto elettorale di Merola». In pochi mesi si fa notare. Anche fuori dai confini della città. A maggio presenta la Carta di Bologna, per promuovere e difendere i diritti dei rider. Con la Curia porta avanti Insieme per il lavoro, il progetto per trovare una collocazione alle persone più fragili. Tiene in grande considerazione terzo settore e disabilità. L’emergenza Covid-19 rafforza il suo ruolo, tra crisi da gestire e sicurezza dei lavoratori da garantire.
Anche i suoi detrattori gli riconoscono che è «una bella testa», ma credono che il suo vero obiettivo sia oltre Palazzo d’Accursio. «A me non interessano posizionamenti o tatticismi — assicura l’assessore al Lavoro — ma portare avanti tutto quello che ho fatto in questi anni: sostegno al lavoro e alle fragilità, soprattutto nella fase che stiamo affrontando». Parola chiave? «Alzare il livello del dibattito. Di certo — rivendica Lombardo, pensando forse a eventuali avversari — io non sono un freddo uomo di apparato». All’ultimo congresso, insieme ad Andrea De Maria, Lombardo ho sostenuto la corsa di Maurizio Martina. Ha ottimi rapporti con il sottosegretario Francesca Puglisi e con l’assessore regionale Raffaele Donini. Ma è a un perimetro che vada bene oltre il Pd che punta. Per questo vorrebbe primarie larghe, aperte, come non se ne vedono da tempo per il Comune. E se non ci saranno? «Penso che questa discussione spetti al gruppo dirigente in base al percorso indicato dal segretario. Se il nome unitario non ci sarà, la via maestra sarà quella delle primarie di coalizione». Di certo, assicura dopo l’intervento di Stefano Bonaccini su Bologna 2021, «il governatore ha ragione. Non bisogna dare nulla per scontato, il futuro non è un libro già scritto». 3 - continua
Di certo non sono un uomo freddo d’apparato e non mi interessano posizionamento o tatticismi