«I casi gravi tra i più giovani restano pochi»
Il punto della situazione del dottor Lanari dopo i casi di contagio tra i più piccoli L’allerta dopo il caso della 11enne in rianimazione. Il direttore di pediatria: nessun allarmismo
«La variante inglese del Covid-19 ha una capacità di diffusione più ampia e questo porta a un maggiore coinvolgimento anche delle fasce giovanili. Però sui bambini non creerei allarmi perché i ricoveri sono rari». Lo dice il direttore di pediatria Lanari.
«La variante inglese del Covid-19 ha una capacità di diffusione più ampia e questo sta portando a un maggiore coinvolgimento anche delle fasce giovanili. Però attualmente sui bambini non creerei allarmi perché i ricoveri continuiamo a contarli sulle dita di due mani». Marcello Lanari, direttore della Pediatria d’urgenza e del pronto soccorso pediatrico del Sant’Orsola, prova a rassicurare dopo il caso della bambina di 11 anni attualmente ricoverata in terapia intensiva a causa del coronavirus. Sulla vicenda si mantiene il massimo riserbo: la ragazzina rimane molto grave e le verifiche finora escluderebbero patologie pregresse.
Lanari, per Pediatria lo scenario legato al virus sta cambiando?
«Da quello che sappiamo dai dati dei nostri laboratori di microbiologia e altre statistiche che arrivano dall’Iss, a macchia di leopardo la variante inglese sta prendendo il sopravvento. Non possiamo dire che la variante sia più patogena ma la certezza è una capacità di diffusione più ampia rispetto al ceppo originario Questo comporta che fasce più ampie di popolazione si infettino e di conseguenza coinvolge di più anche i bambini. Ma in una misura assolutamente ridotta rispetto agli adulti e in forma pauci o asintomatica. Vediamo i bambini infetti perché facciamo i tamponi ma i nostri ricoveri per Covid-19 sono poco più di una decina».
Si verificano però anche episodi gravi, recentemente anche due decessi.
«Le due vittime purtroppo erano giovani colpiti già da patologie molto serie. In mezzo ai casi ci sono patologie anche importanti, come la MIS-C, sigla che corrisponde ad una sindrome multi-infiammatoria sistemica del bambino. E poi ci sono anche storie come quella di questa ragazzina di 11 anni: rimane un caso isolato per fortuna. Non è certo questa la regola né il trend che stiamo osservando. Ma con il Covid-19 abbiamo imparato a essere smentiti frequentemente».
Da quando avete iniziato a vedere un aumento dei contagi in età pediatrica?
«Da inizio anno a ora abbiamo avuto praticamente lo stesso numero di casi della prima ondata. I casi sono aumentati ma molti di questi dopo la nostra osservazione poi vanno a casa».
E invece per quanto riguarda la trasmissione da parte di giovani e giovanissimi, causa della chiusura delle scuole, che riscontri avete?
«Ha poco senso parlare di dati personali perché i piccoli numeri spesso non rappresentano la realtà. La letteratura scientifica mostra in percentuale che i bambini infetti dentro scuola sono una casistica sicuramente inferiore».
I bambini andrebbero vaccinati?
«Negli studi c’è già qualche speculazione sul vaccinare o meno i bambini. Le motivazioni sarebbero almeno due: se vanno incontro a forme gravi e non è questo il caso, perché ripeto che sono rari. Se il tema è che i più piccoli sono un serbatoio dell’infezione: direi nemmeno quello, non sembra un fattore determinante. Ora è prioritario vaccinare altre categorie».