Le famiglie in piazza: no alle scuole chiuse
L’ipotesi di un’azione legale insieme alla Lombardia
I genitori adesso pensano a un (altro) ricorso contro un’ordinanza che ritengono illegittima nella forma e nella sostanza. La vittoria di gennaio al Tar proprio contro la Dad e contro l’Emilia-Romagna ha dato forza alle famiglie, ieri, per pensare a un’azione legale contro la zona «arancione scuro», creata dai presidenti di Regione, in cui la misura più forte è senza dubbio la Dad in tutte le scuole, tranne nidi e materne. «Abbiamo avuto moltissime richieste, i genitori ci chiedono di fare qualcosa — ammette Milli Virgilio, ex assessore alla Scuola della giunta Cofferati —, stiamo leggendo bene l’ordinanza e valutando cosa fare, decideremo presto». E il plurale non è un caso, perché a questo ricorso potrebbero unirsi le avvocatesse della Lombardia che a gennaio, insieme al comitato «A scuola», hanno spianato la strada ai colleghi di altri territori. Da qui il nuovo asse con Virgilio.
Una cosa è certa: le famiglie e gli studenti sono arrabbiati. E arrabbiati è un eufemismo. Ieri pomeriggio in circa 400, aderendo alla chiamata di Priorità alla Scuola (Pas), l’hanno detto in piazza Maggiore, esibendo cartelli, urlando nel microfono, applaudendo a chi, prendendo la parola, ha smontato pezzo pezzo la politica di Stefano Bonaccini. È stato lui il principale accusato. «È un anno che si fa una sola cosa — ha detto Paolo, docente precario —, cioè chiudere le scuole, ledendo il diritto all’istruzione. Dopo un anno abbiamo lo stesso problema, ma la scuola deve essere l’ultima cosa a chiudere e la prima a riaprire». Quindi l’affondo sulla campagna vaccinale di viale Aldo Moro: «Avevano detto che dovevano andare a 45 mila vaccini al giorno per il personale scolastico, a oggi in Emilia-Romagna dai dati ufficiali del sito sono 19; in Toscana sono 24mila i vaccinati della scuola. Bonaccini rappresenta un problema».
Le famiglie (ad alcune delle quali le forze dell’ordine poco prima della manifestazione hanno chiesto le generalità) si dicono esasperate. E avvertono anche il sindaco Merola: «Non chiuderete di nuovo in casa i nostri bambini come è successo un anno fa, non lo permetteremo», dice Chiara Gius della Consulta Cinnica. «Mio figlio è in prima liceo — dice Stefania, madre di un 14enne al Copernico — e ha iniziato a stare male a scuola tutti i giorni, stare in Dad senza conoscere i compagni nuovi l’ha messo in difficoltà». Diagnosi della psicologa: disturbo d’ansia. «I miei compagni stanno avendo crisi isteriche — dice alla piazza Clara Pieri, 17 anni, del Minghetti —. Non ci ascolta nessuno, voglio che almeno la Regione ci ascolti. Inizieremo a tenere telecamere e microfoni spenti in Dad, tanto nessuno ci vede e ci ascolta».
In molti si sentono presi in giro. «La zona arancione rafforzata — dice un docente — è stata creata, perché fosse garantita l’apertura di tutte le categorie economiche, ma non delle scuola. O la situazione non è così grave come dicono e allora le scuole devono restare aperte o, se è grave davvero, allora deve chiudere tutto».
La Cgil, ieri sera in piazza Maggiore a fianco di Pas, ha messo in fila le sue richieste alle istituzioni: «Se si ritiene che le scuole siano tra i luoghi di maggior contagio, queste sono le misure indispensabili: rimodulazione dei trasporti, riduzione sistematica dei gruppi classe, Dpi più protettivi, presìdi sanitari in ogni scuola, accelerazione sulla campagna vaccinale per il personale scolastico. Chiediamo alla politica di non dimenticare che la scuola e l’istruzione sono “una infrastruttura” tra le più importanti per un Paese».