Il caso Zampa e quei prodiani tenuti fuori dai giochi dem
In ballo equilibri locali e regionali
Dopo l’effetto Draghi, a Bologna e nel Pd si rischia l’effetto Prodi. L’esclusione dal governo di Sandra Zampa apre una ferita che sarà complicato aggiustare. Fra nuovi equilibri, leadership nazionali e locali in crisi e in cerca di formazione.
Al Corriere della sera l’ ex sottosegretaria alla Sanità ha raccontato che Romano Prodi «è enormemente dispiaciuto». «Mi ha detto che considera l’esclusione dovuta alla mia vicinanza a lui», hanno rilanciato l’intervista gli altri giornali.
In Parlamento rimane come ultimo prodiano Serse Soverini, eletto nel 2018 nella lista «Insieme», designato dall’ex ministro Giulio Santagata, messo dal Pd dove poi è confluito in un collegio blindato di Imola, mentre la Pd Sandra Zampa, deputata da dieci anni, vicepresidente del partito con il mai amato Renzi, era stata inviata nel ferrarese spadroneggiato dalla Lega. E non eletta.
Fra le prime a sostenere un accordo con il Movimento cinque stelle, riapparsa con il governo Conte 2, ora l’ex sottosegretaria batte sulle critiche a Zingaretti, «non mi ha nemmeno telefonato», chiede al più presto un congresso. Il Professore, attento alle virgole, non ha preso nessuna distanza dalla sua antica portavoce, unica prodiana al governo e/o nei vertici del Pd del dopo Prodi. L’esponente politica più in vista mostra il crescere di un disagio globale, 25 anni dopo la vittoria dell’Ulivo.
Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, è sì laureato e amico dell’ex premier ma da decenni corre da solo, all’università e in politica.
Molto difficile che il peso della questione Zampa, unica dei fedelissimi a misurarsi in elezioni primarie (5.733 preferenze nel dicembre 2013), non si senta nella giostra per il nuovo sindaco in una Bologna dove i ricordi ulivisti, le congiure suicide della sinistra (dai governi alla presidenza delle Repubblica), la memoria da elefante di Prodi corrono ancora.
Se il governo Draghi con Lega e berlusconiani galvanizza i moderati sulla possibilità dell’ex ministro casinianrenziano Gianluca Galletti, il malumore prodiano cade su un Pd diviso: Matteo Lepore, Alberto Aitini (che si è congratulato con l’unica bolognese al governo, la leghista Lucia Borgonzoni), Davide Conte… Lepore è sostenuto da Merola e Zingaretti, è quello che guarda più a sinistra, per i prodiani è il preferito ma i giochi di tutti sono in movimento. E nel Pd l’attuale assessore alla Cultura non ha la maggioranza.
Prodi, entusiasta di Zingaretti alla nomina, gli aveva ancora espresso «stima» qualche giorno fa, mettendo insieme in guardia da «atteggiamenti adolescenziali». E sul governo di Mario Draghi non si è sbracciato come tanti, mentre i militanti Pd litigano sul web.
Oltre agli equilibri nazionali e bolognesi, in gioco ci sono anche quella regionali, con l’asse sempre più esplicito fra il presidente modenese Stefano Bonaccini e il veneto Luca Zaia, Pd e Lega. Conquista sempre più potere il ferrarese Dario Franceschini, eletto malamente nel Pd nel 2018, confermato ministro che fra le sottosegretarie, se ha perso la bolognese Francesca Puglisi, ha visto riconfermata l’umbra Marina Sereni.
Lo sfogo
Zampa al «Corriere»: «Prodi considera la mia esclusione legata alla mia vicinanza a lui»