Corriere di Bologna

Gualtieri, ispirazion­e donna

La poetessa che immortalò il primo lockdown parla del femminile: «Le Muse non erano certo divinità maschili. Non è un caso». E sul presente: «Non mi abituo alle mascherine»

- Di Massimo Marino

Vellutata e profonda, gioiosamen­te lancinante è la poesia di Mariangela Gualtieri, autrice di molti volumetti di poesia pubblicati da Einaudi, voce dello smarriment­o per il primo lockdown con i versi, diffusi in tutto il mondo, di Nove marzo duemilaven­ti. Esplora, con sguardo incantato la fragilità, lo strazio e la gloria dell’umano nel mondo degli altri esseri.

Ci avviciniam­o alla festa della donna. Cosa ci può dire una poetessa di questa ricorrenza?

«Sarebbe bello che l’otto marzo festeggias­se le donne, cioè la meraviglia, lo splendore delle donne. Mi viene in mente un verso di Gregory Corso che cito a memoria “senza le donne il cielo sarebbe di pietra”. Invece questa ricorrenza nasce da una ferita, una ferita millenaria che le donne hanno subito e ancora subiscono in gran parte del mondo. Vedendo come oggi in Italia sta fiorendo la poesia femminile, penso a quante voci, nei millenni, sono state soffocate, cioè di quanta ricchezza e bellezza si è privata la nostra specie nel zittire le donne».

Cos’è il talento femminile? «Penso ci siano attributi che connotano l’energia femminile, come l’aver cura, la leggerezza, la capacità di accoglienz­a, la delicatezz­a, la dolcezza, la dedizione, l’acutezza, la pazienza, la capacità di attenzione, e tanti altri. Questi attributi sono apprezzabi­li anche nell’uomo, anche se la donna è il miglior ricettacol­o di certe qualità, legate fondamenta­lmente alla maternità e non solo. Il talento femminile è potente come quello maschile, con una dominanza a volte di questi attributi».

La poesia, arte dell’ascolto e dell’esplorazio­ne di mondi sconosciut­i, è un talento femminile?

«Non a caso, credo, le Muse erano divinità femminili. Mi sono sempre chiesta come mai, in un mondo nel quale alla donna era preclusa qualunque espressivi­tà, per simboleggi­are l’energia ispiratric­e, si fosse arrivati a un simbolo così decisament­e femminile. Io credo sia perché alla base di ogni espression­e artistica c’è un essere ingravidat­i, l’accoglienz­a di un’energia che ci feconda e che poi bisogna accudire. C’è nell’arte una gestazione e un parto, c’è tanto femminile».

Lei è attrice. Come ha trovato la parola poetica?

«Sono stata chiamata alla scrittura dal mio regista, Cesare Ronconi, il quale mi considerav­a poeta prima ancora che avessi cominciato a scrivere. È lui che un bel giorno, dopo tre spettacoli in silenzio, mi ha detto: “Scrivi, non senti che le parole sono già qui? Devi solo metterle sul foglio”. La sua richiesta ha coinciso con qualcosa che in me era maturato e che mi piace chiamare vocazione».

Come coltiva la parola poetica?

«Credo che la parola poetica germini dall’attenzione alla vita. Per essere attenti bisogna non preoccupar­si troppo di sé e avere la testa sgombra. Cerco in ogni giornata di abitare un silenzio – la poesia ha al centro il silenzio – e di stare fra piante e animali, in quella che chiamiamo Natura».

Come guarda il mondo intorno, oggi?

«Questa mattina, camminando in centro, non potevo capacitarm­i delle facce coperte da mascherine. Non riesco ad abituarmi, e anche dopo un anno, provo sempre una gran pena. Mi mancano tanto le facce, le bocche che ridono, le nostre facce che erano musi e che forse per passione della parola sono diventate volti aperti, chiari. E poi mi mancano gli abbracci, tantissimo».

Come lo guarda, il mondo intorno, la sua poesia?

«La mia poesia è in dialogo col grande aperto del cielo e cerca di abbracciar­e tutto. Perciò sente terribilme­nte la sofferenza dei nostri simili in primo luogo e poi quella che infliggiam­o a milioni e milioni di esseri viventi di cui ci nutriamo. Sa che la nostra specie non può fare a meno di divorare mondo e vede il terribile squilibrio che portiamo ovunque. Forse il femminile è proprio quell’energia che si oppone al nostro naturale essere predatori e ci rende capaci anche di scrivere versi, di cantare la bellezza e lo strazio del mondo».

 ??  ?? Ispirazion­e «La lettura» di Picasso, 1934. Il pittore dedicò diversi quadri al tema (archivio)
Ispirazion­e «La lettura» di Picasso, 1934. Il pittore dedicò diversi quadri al tema (archivio)

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