Corriere di Bologna

Quella borsa del medico che non vediamo più

- Vittorio Monti

Sono in corso gli sforzi per colmare i vuoti d’organico per scarsa lungimiran­za. In attesa, è stato alzato il tetto degli assistiti pro capite. Nella scuola sono nate così le classi pollaio e il paragone non è consolante. Tra i tanti virologi reclamizza­ti dal Covid, sarebbe stato bello che qualcuno avesse denunciato in anticipo il controsens­o del dovere nell’ambulatori­o del medico di famiglia causa l’influenza, senza nemmeno la protezione della mascherina. Altri tempi, quando un negoziante, in cerca di difesa sotto le accuse di furbizia fiscale, raccontava di resistere anche con 38 di febbre, mica come quelli del posto fisso, a letto per due linee. Pensarci dopo, quando una pandemia rivoluzion­a il mondo, sono buoni tutti. Facile bombardare con regole di buon senso, tipo lavarsi le mani e non starnutire in faccia al prossimo, se poi evapora la pratica. Come con il Pos: il tempo di assorbire le istruzioni per l’uso e subito come non detto. Pare che l’Europa voglia eliminare le bustine monodose di zucchero: si spera almeno non al bar, per evitare il caffè corretto al virus. La gente si lamenta per attese eterne al Pronto soccorso, non soltanto nel profondo sud (a Milano da 6 a 10 ore per visitare un bimbo con febbre a 40). Gli esperti spiegano che sono troppe le persone in fila, per quanto curabili al proprio letto. Si torna daccapo: se il tuo medico non viene da te, allora vai tu a farti visitare dove la porta è sempre aperta. Per smistare su binari distinti secondo gravità le richieste di aiuto (e smorzare le proteste sui social) ci si proverà con la moltiplica­zione dei numeri di telefono per raffinare il 118 del vero soccorso rosso. Nel frattempo, per convincere il paziente impaziente che, senza vera urgenza, rischia ad andare in ospedale, perché non usare la proverbial­e strategia dell’uomo avvisato, mezzo salvato. Basterebbe esibirgli la lista della spaventosa brigata di batteri e virus infettanti in cerca di compagnia. Capirà che è più salutare (appunto) lasciare il posto a chi, purtroppo, non ha scelta.

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