Il Mulino al Cubo Ragionare sul clima partendo dal ghiaccio
Barbante dialoga con il fotogiornalista Verzone
Destinazione Antartide, a più di 3mila metri di altitudine e a oltre 1.200 chilometri dalla costa, dove le condizioni di sopravvivenza sono al limite della sopportazione e le temperature possono toccare i -60. Nel bagaglio, oltre a molto materiale logistico, strumenti per estrarre dal suolo carote di ghiaccio e contenitori per i campioni. Per ritrovare la memoria del clima del passato attraverso le informazioni intrappolate negli strati di ghiaccio accumulati nel tempo. Scavare nella calotta polare significa infatti scoprire non solo un archivio eccezionale dei fattori che hanno influenzato il clima del nostro pianeta come gas serra, cenere vulcanica e polveri sottili, ma anche trovare una guida preziosa per interpretare i fenomeni di oggi e prepararsi a quelli futuri.
Lo studio del ghiaccio antartico, memoria inossidabile del nostro pianeta, è al centro del libro Scritto nel ghiaccio. Viaggio nel clima che cambia (Il Mulino), scritto da Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di Scienze polari del Cnr e docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il volume sarà il filo conduttore di un incontro, «Il clima che cambia(mo)», in programma con lo scienziato domani alle 18.30 nella sede del Cubo Unipol di piazza Vieira de Mello 5, ingresso libero ma prenotazione su www.cubo.unipol.it. Il viaggio nel clima che si trasforma chiuderà la rassegna «Istantanee dal mondo» promossa dal Mulino, con la presenza del fotogiornalista Paolo Verzone, già vincitore del «World Press Photo Award», di cui verranno proiettate varie immagini.
Il ghiaccio polare è considerato dagli scienziati uno
dei migliori archivi climatici e ambientali del passato. In alcune aree del pianeta come i siti di alta quota delle Alpi e dell’Himalaya, o nelle aree polari, la neve che cade anno dopo anno si accumula al suolo. Cadendo trasporta al proprio interno particelle di polvere e aria che verranno immagazzinate, costituendo una formidabile biblioteca di informazioni chimiche e fisiche.
Il ghiaccio è infatti l’unico archivio climatico che fornisce al contempo informazioni sia sulle cause che sugli effetti dei cambiamenti climatici.
Nel nostro passato, conferma Barbante, c’è molto del nostro futuro: «È proprio comprendendo i meccanismi legati al cambiamento climatico scritti nelle carote di ghiaccio che riusciamo a migliorare le proiezioni sul clima del futuro. Le carote di ghiaccio, come altri archivi ambientali e climatici, ci aiutano a predire il passato, poiché è proprio attraverso la modellizzazione dei dati del passato che possiamo testare e quindi validare i modelli climatici che utilizziamo per fare le proiezioni sul clima del futuro».
È infatti impossibile verificare se le proiezioni climatiche di oggi si avvereranno realmente di qui a cento o mille anni, conferma lo studioso: «Ecco che cercheremo di far prevedere al modello cose che sono già accadute nel passato, confrontandone quindi i risultati con i dati sperimentali ottenuti dall’analisi dei nostri archivi climatici».