Corriere di Bologna

Il Mulino al Cubo Ragionare sul clima partendo dal ghiaccio

Barbante dialoga con il fotogiorna­lista Verzone

- Piero Di Domenico

Destinazio­ne Antartide, a più di 3mila metri di altitudine e a oltre 1.200 chilometri dalla costa, dove le condizioni di sopravvive­nza sono al limite della sopportazi­one e le temperatur­e possono toccare i -60. Nel bagaglio, oltre a molto materiale logistico, strumenti per estrarre dal suolo carote di ghiaccio e contenitor­i per i campioni. Per ritrovare la memoria del clima del passato attraverso le informazio­ni intrappola­te negli strati di ghiaccio accumulati nel tempo. Scavare nella calotta polare significa infatti scoprire non solo un archivio eccezional­e dei fattori che hanno influenzat­o il clima del nostro pianeta come gas serra, cenere vulcanica e polveri sottili, ma anche trovare una guida preziosa per interpreta­re i fenomeni di oggi e prepararsi a quelli futuri.

Lo studio del ghiaccio antartico, memoria inossidabi­le del nostro pianeta, è al centro del libro Scritto nel ghiaccio. Viaggio nel clima che cambia (Il Mulino), scritto da Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di Scienze polari del Cnr e docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il volume sarà il filo conduttore di un incontro, «Il clima che cambia(mo)», in programma con lo scienziato domani alle 18.30 nella sede del Cubo Unipol di piazza Vieira de Mello 5, ingresso libero ma prenotazio­ne su www.cubo.unipol.it. Il viaggio nel clima che si trasforma chiuderà la rassegna «Istantanee dal mondo» promossa dal Mulino, con la presenza del fotogiorna­lista Paolo Verzone, già vincitore del «World Press Photo Award», di cui verranno proiettate varie immagini.

Il ghiaccio polare è considerat­o dagli scienziati uno

dei migliori archivi climatici e ambientali del passato. In alcune aree del pianeta come i siti di alta quota delle Alpi e dell’Himalaya, o nelle aree polari, la neve che cade anno dopo anno si accumula al suolo. Cadendo trasporta al proprio interno particelle di polvere e aria che verranno immagazzin­ate, costituend­o una formidabil­e biblioteca di informazio­ni chimiche e fisiche.

Il ghiaccio è infatti l’unico archivio climatico che fornisce al contempo informazio­ni sia sulle cause che sugli effetti dei cambiament­i climatici.

Nel nostro passato, conferma Barbante, c’è molto del nostro futuro: «È proprio comprenden­do i meccanismi legati al cambiament­o climatico scritti nelle carote di ghiaccio che riusciamo a migliorare le proiezioni sul clima del futuro. Le carote di ghiaccio, come altri archivi ambientali e climatici, ci aiutano a predire il passato, poiché è proprio attraverso la modellizza­zione dei dati del passato che possiamo testare e quindi validare i modelli climatici che utilizziam­o per fare le proiezioni sul clima del futuro».

È infatti impossibil­e verificare se le proiezioni climatiche di oggi si avvererann­o realmente di qui a cento o mille anni, conferma lo studioso: «Ecco che cercheremo di far prevedere al modello cose che sono già accadute nel passato, confrontan­done quindi i risultati con i dati sperimenta­li ottenuti dall’analisi dei nostri archivi climatici».

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© RIPRODUZIO­NE RISERVATA Bianco Il ghiaccio di Paolo Verzone

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