Cambiamento in mostra
Al Mast la videoesposizione di Stahel mette in luce le nuove modalità sociali, artistiche e di lavoro
Èuna mostra atipica, con opere video di varia durata, da pochi minuti a molte ore. Il cui audio è fruibile tramite cellulare e cuffie inquadrando i QR code accanto alle installazioni. Di fianco a ogni opera sono indicate la durata, il contenuto e l’area tematica. In occasione di «Vertigo - Video Scenarios of Rapid Changes», gli spazi espositivi del Mast, in via Speranza 42, sono stati allestiti con sedute per consentire una visione più confortevole dei filmati.
Una mostra, da oggi al 30 giugno con ingresso gratuito, aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19, che potrebbe richiedere più di una visita. Quasi inevitabile vista la stratificazione delle questioni affrontate dai 29 artisti di tutti il mondo che hanno scelto il linguaggio della videoarte. In grado di lasciarci, dice il curatore Urs Stahel, storditi, insicuri, smarriti: «La vertigine, intesa come incertezza, ottenebramento, mancanza di chiarezza e capogiro, è divenuta la nuova normalità». Di questo parlano le 34 opere video distribuite in sei sezioni tematiche: il lavoro e i processi produttivi, il commercio e i traffici, i nuovi comportamenti, la comunicazione, l’ambiente naturale, il contratto sociale. Accompagnate da una serie di «Intermezzi», video installazioni disseminate che fungono da commenti al cambiamento sempre più rapido.
Il percorso, continua Stahel, «nasce dalla riflessione sulla mole di informazioni elaborate da ciascuno di noi ogni giorno, che, combinate alla velocità e alla complessità, si trasforma in un fattore travolgente di cambiamenti nella società. I dati mostrano che oltre il 40% della popolazione europea si avvia alla totale rinuncia ai mezzi di informazione tradizionali». La scrittura e il calcolo lasciati alle macchine, la comunicazione scritta ridotta a poche righe. Il risultato è che «ci troviamo a fare i conti con parametri in continua evoluzione, cambiamenti di proporzioni così colossali in
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Il curatore Ci troviamo a fare i conti con parametri in continua evoluzione, cambiamenti così colossali che non siamo più in grado di comprenderli
termini di portata, velocità e qualità che non siamo più in grado di comprenderli, e nemmeno riusciamo a reagire in maniera adeguata».
Così ecco la vecchia e la nuova Cina, i 47 minuti di Friend Watan, viaggio di Chen Chieh-jen in una fabbrica abbandonata, e le tante ore di 15 hours di Wang Bing. Girato in presa diretta in un giorno, in una fabbrica di indumenti dove ci sono 18mila unità produttive cinesi e 300mila lavoratori migranti. In Intermodal, 24 minuti girati dal duo turco-tedesco Kaya & Blank nei porti commerciali di Los Angeles e Long Beach, i container, come in un balletto, vengono sollevati, spostati, sganciati e indirizzati altrove. Nel breve Kapitalism, dell’olandese Paulien Oltheten, una panchina con la scritta del titolo è il sostegno per chi è stato scartato o espulso dal mondo del lavoro. Praying for my haters, 17 minuti della parigina Lauren Huret, ci rivela che la maggior parte dei post con testi aggressivi e immagini violente non vengono cancellati dall’Intelligenza Artificiale ma da esseri umani sottopagati, come le centinaia di «content manager» rinchiusi in un grattacielo di Manila. La coppia italoamericana Eva & Franco Mattes, invece, in una serie di tre video di 8 minuti riprendono personaggi che danno indicazioni sul make-up come in un tutorial, nascondendo però tra le righe argomenti politici per aggirare la censura.