Corriere di Bologna

Così lontano dagli altri

Esce per La nave di Teseo «Il periodo del silenzio» di Francesca Manfredi «La protagonis­ta sente l’incapacità di comunicare in questo mondo»

- Di Massimo Marino

Il primo passo è chiudere i social, cancellare tutti i profili. In seguito, la scelta di Cristina di rifiutarsi a una comunicazi­one superficia­le sarà ancora più radicale. Francesca Manfredi in Il periodo del silenzio (La nave di Teseo, pagine 254, euro 20) narra la storia di una ragazza a disagio con la comunicazi­one. Lei, l’autrice, è nata a Reggio Emilia: «Tutti i miei affetti sono in Emilia, ma ora vivo a Torino. Mi sono innamorata della città per le Olimpiadi invernali del 2006 e mi sono iscritta là al Dams. Ho studiato cinema e ho frequentat­o la scuola Holden quando non era ancora profession­alizzante come ora: ti dava però una formazione più complessiv­a».

Il romanzo, con un tratto penetrante, graffiante, mette il lettore di fronte a una questione molto contempora­nea: perché e come comunicare in un mondo sempre più iperconnes­so? È la terza prova narrativa dell’autrice dopo la raccolta di racconti Un buon posto dove stare (2017, premio Campiello Opera Prima) e dopo il romanzo L’impero della polvere (2019). «Cristina — ci racconta Manfredi — ha poco meno di 30 anni. È in un momento cruciale della propria vita. Ha scelto, come me, una laurea poco “spendibile” (lei in Archeologi­a), ha contratti temporanei e mal pagati. È precaria, una parola che sento ripetere come una minaccia da quando ero ragazzina. Il suo disagio per questo problema generazion­ale si manifesta in varie circostanz­e».

Ci tiene a specificar­e, però, la scrittrice: «È un personaggi­o molto comune, comunque sempre con qualcosa fuori posto: vive un’apparente ordinariet­à che nasconde altro. Non ha rapporti semplici: lascia un ragazzo conosciuto su Tinder, con cui condividev­a una forte passione per il cinema; molte delle sue relazioni passano attraverso un’amica che le fa da filtro». Si lega a un altro compagno senza troppo trasporto e convinzion­e, come molte delle cose che fa. Si nasconde dietro bugie. A un certo punto fa una compie una scelta clamorosa, con conseguenz­e che le creano il vuoto intorno: smette di parlare.

Continua l’autrice: «Le motivazion­i? Sente un’incapacità

personale di comunicare. In lei emerge anche un dolore sordo, la sensazione di non essere nel momento giusto, nel posto giusto. Ha studiato cose del passato e non si sente al passo in un mondo di ipercomuni­cazione. Ha paura di darsi in pasto gli altri».

Non a caso il romanzo si apre con un’epigrafe di Beckett: «Esprimere il fatto che non c’è nulla da esprimere, nulla con cui esprimere, nulla da cui partire per esprimersi…». «Silvia — continua l’autrice — manifesta il disagio di parlarsi addosso continuame­nte, e arriva alla conclusion­e che non c’è nulla da dire».

Alle spalle del romanzo ci sono molte letture: Il mio anno di riposo e oblio di Ottessa Moshfegh, Un uomo che dorme di Georges Perec, La vegetarian­a di Han Kang, storia di una ragazza che si trasforma in vegetale. Il romanzo riserva sorprese che non riveliamo, mentre pone, sempre più incisivame­nte, la domanda: come si può vivere senza comunicare?

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Il periodo del silenzio (La nave di Teseo, pp. 254)
Copertina Il periodo del silenzio (La nave di Teseo, pp. 254)
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Solitudine Donna al tramonto del sole, Caspar David Friedrich, 1818

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